Unione Europea - CSDDL.it - Centro Studi Diritto Dei Lavori Centro Studi Diritto dei Lavori - Bisceglie - A cura dell'Avv. Antonio Belsito e del Prof. Gaetano Veneto http://www.csddl.it/csddl/diritto-comunitario-del-lavoro/ Fri, 12 Mar 2021 13:03:33 +0000 Joomla! 1.5 - Open Source Content Management it-it Il diritto del lavoro europeo nel dialogo tra le Alti Corti http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/il-diritto-del-lavoro-europeo-nel-dialogo-tra-le-alti-corti.html http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/il-diritto-del-lavoro-europeo-nel-dialogo-tra-le-alti-corti.html Il diritto del lavoro Europeo nel dialogo tra le Alte Corti 

di Raffaele Mancuso 

Ai fini della costruzione di un ordinamento giuridico unitario, il primato del diritto europeo, “sottoscritto” da tutti gli Stati aderenti all’U.E e dalla sentenza della Corte di Giustizia Costa/Enel del 1964, si sviluppò pian piano anche nell’area della politica sociale, sia grazie agli interventi normativi sia anche grazie al “ fiorire” della giurisprudenza della Corte di Giustizia, alla quale il Trattato affida  il compito della  nomofilachia a livello comunitario. Tra gli strumenti statuiti dal Trattato a questo fine, certamente merita rilievo la procedura di interpretazione pregiudiziale prevista dall’art. 234 del Trattato[1]. La nomofilachia comunitaria si spinge oltre l’obiettivo della uniformità interpretativa, difatti, è indirizzata alla funzione di vera “integrazione/interpretazione autentica” dei precetti posti all’attenzione e vagliati dal Giudice comunitario[2]. I dettami delle sentenze della Corte Cee sono recepiti, spesso, dalla Corte costituzionale, in quanto assimilate allo “Jus superveniens”, idoneo a supportare la restituzione degli atti al giudice remittente[3].La forza normativa della nomofilachia europea si riverbera sul piano nazionale, quando  i contenuti della direttiva vengono assunti come criteri e principi direttivi di una legge delega[4]. Si ha, quindi, un’ avvicinamento e  un “dialogo”  tra Corte costituzionale e Corte di giustizia, dialogo arricchito dalla partecipazione della Corte europea dei diritti dell’uomo[5].

Tale collaborazione ha certamente avuto effetti positivi, nel riconoscimento da parte della Corte costituzionale alla Corte di giustizia di una funzione esclusiva della nomofilachia comunitaria, nel non rinunciare, da parte della Corte costituzionale, alle proprie prerogative in inerenza alla conformità della normativa europea ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale.La normativa CEDU, interpretata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, viene ad essere assunta, dalla Corte costituzionale, come parametro per il giudizio di legittimità costituzionale, che non vuol significare attribuzione di rango costituzionale alle norme di accordi internazionali recepite in leggi ordinarie come le norme CEDU. La Corte costituzionale e la Corte di giustizia, pur nel mantenimento di ruoli diversi, confluiscono nel loro fine,  più elevato, di tutelare i diritti fondamentali dell’uomo. Interpretare la CEDU e i protocolli annessi è compito della Corte di giustizia che assume la funzione di garante di un uniforme livello di tutela dei principi in essa espressi. La Corte costituzionale, nel caso di contrasto di legittimità costituzionale, tra una norma Cedu e una norma nazionale rispetto all’art. 117, comma 1, Cost, ha l’onere di verificare il contrasto e se esistente, operare al fine di valutare se le stesse norme CEDU come interpretate dalla Corte di giustizia, abbiano in seno un livello di tutela dei diritti fondamentali al pari del livello di garanzia, circa gli stessi diritti fondamentali, della Costituzione Italiana[6].

Tali sviluppi, sul piano dei diritti sociali fondamentali, sono ravvisabili anche dalle fonti internazionali, come la convenzione OIL. I Trattati di Maastricht e di Amsterdam, come la vecchia Carta Sociale europea del 1961, la Carta di Delors del 1989 e la Convenzione dei diritti dell’uomo di Strasburgo, hanno in sé il ruolo fondamentale  della Corte di giustizia quale garante dei diritti sociali fondamentali. Per poter parlare di Europeizzazione dei principi di diritto internazionale del lavoro, quindi, è necessario aspettare la Carta di Nizza del 2000 che rivisita molti  dei concetti espressi nella Carta sociale europea del maggio del 1996. 

1.    Gli effetti del dialogo tra le Alte Corti nell’ambito della politica sociale. 

Come espresso in nota numero quattro del precedente paragrafo, il dialogo delle Corti portò alla sentenza Francovich, ma non solo, infatti produsse effetti che rafforzarono il diritto europeo del lavoro.Meritevole di rilievo è la centralità dei diritti di informazione e consultazione che assume il modello “europeo” delle relazioni sindacali e d’impresa, al fine, in situazioni di crisi, non solo di evitare conflitti intestini all’impresa ma anche nei rapporti di lavoro quali licenziamenti collettivi.Il legislatore sul piano nazionale ha dimostrato poco interesse, forse a causa del susseguirsi di vari problematiche, riguardo gli obblighi di trasposizione delle copiose direttive che pongono su un piano di rilievo le procedure di confronto sindacale. Come spesso succede nel nostra paese, solo dopo alcune procedure di infrazione, negli anni novanta vi fu un “cambio di rotta”, con le leggi sui licenziamenti collettivi e sul trasferimento d’azienda[7].

Il dialogo tra giudice comunitario e nazionale è stato di grande rilievo e d’indubbio interesse, ad avviso dello scrivente, in merito alle discriminazioni che il cittadino di uno Stato membro può subire a causa di alcune norme nazionali rispetto ad altro cittadino di uno Stato membro che possa usufruire dell’applicazione diligente di tali norme cosi come recepite dalla legislazione comunitaria.[8] Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia sarebbero situazioni interne, che non hanno alcun collegamento europeo, disciplinate dalla normativa nazionale, per le quali il cittadino subirebbe un trattamento diverso e iniquo al confronto con quello che spetterebbe allo stesso se cittadino di altro Stato membro[9]. I principi del Trattato in tema di libera circolazione dei lavoratori che, pur ridimensionato per il diffondersi delle competenze comunitarie, hanno ridefinito i contorni del fenomeno attraverso i poteri contenuti nell’art. 308 del Trattato e attraverso la giurisprudenza della Corte di giustizia che ha interpretato in maniera estensiva i poteri delle istituzioni in merito alle competenze esterne rispetto alle interne. Recentemente prevale l’orientamento favorevole al giudicare anche in assenza di elementi di transnazionalità al fine di poter evitare situazioni contrarie alla libera circolazione delle persone, un esempio ne è la la sent. della Corte costituzionale  n.249/1995 rel. Mengoni. Esempio è il c.d. caso Angonese segno di un iter evolutivo del dialogo tra le Corti nella condivisa volontà  di una soluzione sul divieto di discriminazione alla rovescia.La vicenda vedeva la compatibilità rispetto al diritto europeo di una clausola all’interno di un bando di concorso emanato da una Banca che espressamente prevedeva, quale condicio sine qua non di partecipazione, l’attestato di conoscenza della lingua tedesca rilasciato da un’autorità della sola provincia di Bolzano, il candidato in fieri, l’Angonese, con cittadinanza italiana pur avendo una ottima padronanza della lingua tedesca in quanto residente in Austria, era escluso dal concorso. La Corte di giustizia statuì, con sentenza del 6 giugno 2000, C- 281/98, che tale condicio sine qua non imposto al candidato de quo raffigurava una discriminazione in base alla cittadinanza contraria all’art. 39 del Trattato[10]. 

2.    Il dialogo tra le Alte Corti e le persistenti problematiche del diritto europeo del lavoro.

Importante e decisiva chiave di lettura, alla definizione puntuale, del concetto di ramo d’azienda è contenuta nel dialogo tra Corte di giustizia e Corte  di Cassazione per quanto concerne l’interpretazione dell’art. 32 d.lgs. n. 276/2003 circa la preesistenza del ramo d’azienda. Proficuo il dibattito sulla disciplina del contratto di lavoro a termine, che ha attinto parecchi argomenti dalla controversa sentenza Mangold del 22 nov. 2005, n. 144/04 sulla limitazione dell’ambito di applicazione della direttiva n. 70/99/ CE e della c.d. clausola di non regresso esclusivamente al regime dei rinnovi dei rapporti a termine, con i chiarimenti forniti dalla sent. 44/2008 Corte costituzionale. Tale ultimo dibattito ha recepito nuovi contributi dalla Corte di giustizia in materia di rapporto di lavoro a termine nel pubblico impiego cui Alcune sentenze[11] hanno ricevuto una confluenza di posizioni tra  la Corte di giustizia[12] e la Corte costituzionale.Nel dialogo tra le Corti segnali si registrano in inerenza al divieto di discriminazione e alla parità di trattamento, merita rilievo: il caso Richards[13] la ricorrente persona anagraficamente alla nascita di sesso maschile, successivamente ad intervento chirurgico per il cambio di sesso, presentava istanza al fine di ottenere una pensione di vecchiaia al compimento del sessantesimo anno d’età. L’istanza veniva respinta in quanto presentata in anticipo di circa quattro mesi al compimento del sessantacinquesimo anno d’età.[14] Nella causa C-13/94, Corte di Giustizia 30.4.1996, la Corte Comunitaria stabilì che la direttiva 79/7 vieta il licenziamento di un transessuale per motivi inerenti al sesso. La Corte afferma che “il principio della parità di trattamento tra uomini e donne al quale la direttiva fa riferimento nel suo titolo, nei suoi considerando e nelle sue disposizioni implica l’assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso”. Il dialogo tra le Corti si traduce  in una specie di tutela multilivello[15].Concludendo la Corte Costituzionale dovrà tener conto di un sistema di diritti tutelati da due testi normativi concorrenti e vigenti, in virtù dei quali la tutela dei diritti si sviluppa su più piani costituzionali che si condizionano reciprocamente, con l’effetto che, come espresso dalla Carta di Nizza all’art. 53, il diritto disciplinato da più testi dovrà trovare tutela ove vi sono le garanzie più forti.



[1] Modello procedimentale che ha permesso alcune soluzioni a livello nazionale sul piano pubblico, art.64 del T.U. n. 165/2001 e art. 420- bis c.p.c. per le controversie di lavoro privato
[2] Interpretazioni che spesso  vengono consolidate in una nuova formulazione normativa, es. sentenza Suezen dell’ 11 marzo 1997, ex plurimis, che hanno portato alle modifiche della direttiva n. 77/187/CEE sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda, dopo confluite nella direttiva n. 98/59/ CEE, con una completa definizione di ramo d’azienda.
[3] Vd. ord. n. 256/2006, nella quale la Corte costituzionale ha invitato il Tribunale di Rossano a prendere visione della sentenza di Mangold del 2005 della Corte di giustizia che aveva  definito in maniera puntuale il significato di clausola di non regresso
[4] Es. sentenza Francovich estensivo della portata della legge comunitaria del 1990, attraverso cui fu possibile alla Corte Costituzionale assolvere all’accusa di difetto di delega del d.lgs. n. 80/1992 nella parte in cui introduceva il principio, espressamente statuito dalla citata sentenza, della responsabilità dello Stato nei confronti dei lavoratori rimasti privi della tutela a fronte dell’insolvenza del loro datore di lavoro.
[5] V. sent. nn. 348/2007 e 349/2007.
[6]  In questo si può ravvisare che la Corte di giustizia ha un ruolo essenziale di mediazione tra principi generali del diritto comunitario e diritti fondamentali nazionali e internazionali.
[7]  L’Italia venne nuovamente censurata per la mancata attuazione della direttiva 200/14-sent. 1° marzo 2007, C- 327/06- fin al d.lgs. n. 25/2007.
[8] Cfr. B. Nascimbene, Le discriminazioni all’inverso: Corte di giustizia e corte costituzionali a confronto, in Atti del Convegno organizzato dalla Corte costituzionale nel 2007.
[9] V. sent. 28 marzo 1979, n. 175/78 Regina, c. Sauders.
[10] La novità colta nel 2004, sent Corte di Cass. 11 ottobre 2004, n. 20116, la quale per poter assimilare il ricorrente italiano ai cittadini degli Altri Stati membri, ha individuato il collegamento con il diritto comunitario nella circostanza che il candidato era destinatario della direttiva Cee n. 93/96 relativa al soggiorno degli studenti. Emergeva la tendenza comune alle tre Corti di poter estendere la stessa tutela sulla libera circolazione , a tutti i lavoratori di cittadinanza comunitaria.
[11] Sent. Adeneler, Marrosu, Sardino, del 2006 ed Impact del 15 aprile 2008.
[12] La quale pur senza accennare all’art. 97 della Costituzione riconosce la correttezza comunitaria dell’art. 36 del T.U. sul pubblico impiego ove prevede una sanzione risarcitoria se dotata di sufficiente forza dissuasiva.
[13]  Corte giust. 27 aprile 2006, C- 423/04, in Guida al Diritto, Diritto Comunitario e internazionale, n. 3, 2006, 52
[14]  Età necessaria per gli uomini , nel Regno Unito, per ottenere la pensione di vecchiaia.
[15] Cfr. A.Alaimo, Il diritto al lavoro fra Costituzione nazionale e Corte europea dei diritti. Un diritto “aperto” e “multilivello” in W.P.C.S.D.L.E “ Massimo  D’Antona”, 60/2008.
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info@codexa.it (di Raffaele Mancuso) Unione Europea Fri, 18 Jan 2013 10:52:27 +0000
Il reddito minimo garantito http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/il-reddito-minimo-garantito.html http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/il-reddito-minimo-garantito.html Il reddito minimo garantito e le prospettive del Welfare 

di Sabrina Digioia 

Il Reddito Minimo Garantito è una pratica welfaristica attiva che consiste nell'erogazione di un sussidio reddituale a tutti coloro che versino al di sotto della soglia minima di povertà, che non riescono temporaneamente ad entrare nel mondo del lavoro e che non sono coperti dagli schemi tipici di tutela previdenziale.

Obiettivo di questo istituto è quello di lottare contro l'esclusione sociale e di fungere da ammortizzatore sociale “universale”. Pertanto i vantaggi di questo istituto sono da un lato di sostenere il reddito degli individui, soprattutto nei frangenti temporali in cui vi è il passaggio da un'occupazione all'altra e, dall'altro, di consentire alle persone di poter continuare a formarsi, evitando che la perdita temporanea del proprio lavoro si traduca nella costrizione ad accettare qualunque offerta lavorativa.

Nel quadro costituzionale il Reddito Minimo Garantito è un intervento di tipo assistenzialistico perfettamente coerente con quanto sancito dal nostro art. 38 co. 1della Costituzione che recita: “ogni cittadino, inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi per sopravvivere, ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale”; inoltre è perfettamente in linea con la legge quadro per la realizzazione del sistema di interventi e servizi sociali L. n. 328 8/11/2000 la quale si propone di porre in essere una serie di politiche attive e passive volte a “promuovere gli interventi necessari per garantire qualità della vita e diritti di cittadinanza, nonché prevenzione alle condizioni di bisogno e difficoltà sociali”. Tuttavia questo istituto, pur essendo previsto dalla nostra normativa, è presente in tutti i Paesi dell'Unione Europea ad eccezione di Italia, Grecia ed Ungheria.

Anche l'Unione Europea si dimostra interessata al Reddito Minimo. Il dibattito trae origini dalla storica Raccomandazione della Commissione n. 441 del '92 e si snoda attraverso l'Agenda sociale di Lisbona del 2000 (rinnovata nel 2008), la quale, sancendo il principio della flessicurity, invita gli Stati europei a reinventare i propri sistemi di welfare attraverso  l'introduzione di strumenti idonei a coniugare flessibilità e sicurezza sociale. Inoltre oggi l'Unione Europea ha fatto un ulteriore passo in avanti elevando a livello di diritto soggettivo il diritto all'assistenza sociale. Nello specifico l'art. 34 co. III della Carta di Nizza obbliga gli Stati a predisporre i mezzi necessari per “lottare contro l'esclusione sociale e la povertà, assicurando a tutti il diritto all'assistenza sociale ed a garantire una vita dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti”.

Approfondendo l'argomento occorre chiarire come questo istituto venga messo in pratica nei vari Paesi dell'Unione Europea e quali siano gli aspetti più controversi della sua applicazione da cui si potrebbero trarre utili spunti per il nostro stesso Paese.

Tra le caratteristiche più significative e controverse di questo istituto va menzionato il c.d. Means Testing – ovvero la prova dei mezzi – a cui l'erogazione del sussidio è subordinata. Infatti, la prestazione è concessa solo a chi dimostra di vivere al di sotto della soglia di povertà (prerogativa comune a tutti i Paesi dell'U.E.). Invece, ciò che differisce da Paese a Paese è il valore della soglia minima fissata per accedere al Reddito minimo, che mostra quali sono gli Stati che decidono di investire fortemente nel welfare e quelli che invece non lo fanno. Es. in Belgio il Revenu d'integraciòn prevede un assegno mensile di 793 euro per una coppia senza figli e di 1.365 euro per una coppia che invece ha 3 figli; la soglia minima di povertà che permette l'accesso al reddito è di 774 euro. Sono altrettanto generosi Paesi come la Danimarca, la Francia, la Germania. Paesi invece come il Portogallo o la Spagna, pur essendo dotati di strumenti del genere, dimostrano di non investire fortemente in queste politiche. In Spagna el Ingreso Minimo de Inserciòn or Renta Minima non supera i 300 euro e la soglia minima di povertà per accedervi è di circa 400 euro.

Proprio rispetto al sistema del Means Texting oggi in Europa vi è un interessante dibattito tra chi vorrebbe che il Reddito minimo fosse elargito indistintamente a tutti - universale -  e chi invece vorrebbe che la sua elargizione fosse subordinata ad una serie di presupposti molto più stringenti c.d. workfare. Tra i primi una posizione affascinante e di indubbio interesse è sostenuta dal sociologo ed economista A. Fumagalli. Infatti egli  ritiene che nell'odierna società del capitalismo cognitivo sia imprescindibile erogare il reddito indistintamente a tutti in qualità di corrispettivo del lavoro cognitivo che costoro compiono (includendo chi teoricamente non lavora e non percepisce un salario es. studenti, casalinghe ecc.). Tuttavia, a discapito di questa corrente di pensiero, è ormai da una ventina d'anni che molti Paesi  hanno deciso di adottare le c.d. politiche di workfare, subordinando il godimento del Redditto all'accettazione di qualunque offerta di lavoro. Tali novità sono state il frutto delle critiche di coloro che hanno ritenuto che un godimento senza limiti del reddito minimo fosse un disincentivo a cercare lavoro. Solo alcuni Paesi sono rimasti fedeli all'impostazione originaria del Reddito, cercando di mitigare gli aspetti negativi di un'erogazione illimitata senza sfociare nel pericolo di obbligare i beneficiari ad accettare offerte di lavoro dequalificanti. Tale proposito è stato attuato grazie all'introduzione di una serie di principi come quello di congruità secondo cui il soggetto perde il sussidio solo se il lavoro rifiutato non è consono alla propria qualifica o se il rifiuto è ingiustificato.In Italia numerosi sono stati i tentativi di riprodurre il Reddito Minimo Garantito e tra i più significativi ricordiamo il d.lgs n. 237/1998 che ha elaborato per la prima volta uno schema sperimentale di reddito a livello nazionale (grazie alla proposta della Commissione Onofri) e la l. regionale del Lazio n. 4 del 2009 che invece ha superato la fase della sperimentazione funzionando per più di un biennio.

Le esperienze europee ci hanno dimostrato come un investimento forte e serio in questi strumenti di welfare sia in grado di tenere bassi i tassi di povertà e di creare un sistema efficiente di mobilità del lavoro. In Italia le brevi esperienze poste in essere non ci hanno permesso di giungere alle stesse conclusioni. Tuttavia si possono delineare i punti di forza delle esperienze realizzatesi ed i punti di debolezza che invece molto spesso hanno lasciato che questi progetti naufragassero. Ad esempio l'esperienza della Regione Lazio ci ha dimostrato come la possibilità di poter accedere al Reddito abbia consentito l'emergere di tutto un substrato sociale prima sconosciuto alle istituzioni e di reintegrare nel sistema persone che altrimenti non avrebbero potuto fare affidamento su nessun altro, se non sui sistemi alternativi alla legalità.

Di contro numerosi sono stati i nodi critici che tutt'ora ostano alla realizzazione del Reddito minimo. In primis gli intenti enunciati sulla carta non si sono mai tramutati in qualcosa di concreto perchè i finanziamenti predisposti a tale progetto sono sempre stati esegui. Si pensi al fatto che la legge regionale del Lazio aveva l'ambizione di erogare il reddito a tutti coloro che versassero al di sotto della soglia minima di povertà ma il progetto è stato finanziato con soli 150 mila euro per il biennio mentre le persone che risultavano essere beneficiarie erano all'incirca 115 mila. Inoltre, molto spesso alla mancanza di volontà politica si sono aggiunte difficoltà di carattere strutturale le quali non hanno fatto altro che alimentare la convinzione dei più scettici riguardo l'utilità del Reddito minimo es. difficoltà nel compiere accertamenti tempestivi riguardo alla prova dei mezzi, infatti molto spesso i Comuni non erano dotati di capacità istituzionali e del personale specializzato a sviluppare il progetto.

Oggi il clima di instabilità che anima il nostro Paese certamente non aiuta a sviluppare il dibattito circa la necessità di rinnovare il welfare e di introdurre schemi di assistenzialismo sociale in grado di aiutare le fasce più deboli della popolazione. Al contrario sembra affermarsi l'idea che tagliare i fondi per il welfare sia l'unica soluzione possibile per uscire dalla crisi. Tuttavia in questo momento di confusione e incertezza uno spiraglio di luce sembra provenire dalla petizione europea avviata nell'aprile del 2012 che si pone l'obiettivo di proporre alla Commissione europea una normativa comune a tutti gli Stati europei sul Reddito Minimo Garantito.

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info@codexa.it (di Sabrina Digioia) Unione Europea Fri, 11 Jan 2013 10:06:58 +0000
Le prossime tappe verso la la stabilità, la crescita e l'occupazione http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/le-prossime-tappe-verso-la-la-stabilita-la-crescita-e-loccupazione.html http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/le-prossime-tappe-verso-la-la-stabilita-la-crescita-e-loccupazione.html LE PROSSIME TAPPE VERSO LA STABILITÀ, LA CRESCITA E L'OCCUPAZIONE 

di Alessandra Noviello 

La Commissione europea lo scorso 30 maggio ha adottato un pacchetto di raccomandazioni riguardanti misure di bilancio e riforme economiche per rafforzare la stabilità finanziaria, rilanciare la crescita e creare occupazione in tutta l'UE. Le raccomandazioni specifiche per paese tengono conto della situazione di ciascuno Stato membro. La Commissione ha formulato anche raccomandazioni per la zona euro considerata nel suo insieme e ha illustrato l'azione politica a livello di UE che, a suo parere, deve integrare le misure nazionali per arrivare a un'ambiziosa iniziativa UE per la crescita a due livelli. La Commissione ha presentato inoltre le conclusioni di dodici esami approfonditi nell'ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici e ha rivolto raccomandazioni al Consiglio riguardanti la procedura per i disavanzi eccessivi.

Da questa seconda serie annuale di raccomandazioni specifiche per paese emergono diverse indicazioni fondamentali. Per quanto riguarda le finanze pubbliche, nel complesso gli Stati membri stanno adottando le misure necessarie al ripristino della sostenibilità, ma in diversi casi il risanamento dovrebbe essere più favorevole alla crescita. La disoccupazione, in particolare fra i giovani, è un problema grave e, anche se non esiste una soluzione rapida, occorre intervenire immediatamente per aumentare la produttività e conciliare meglio le competenze e la formazione con le esigenze del mercato del lavoro. Molti Stati membri hanno intrapreso profonde riforme strutturali, tra cui quelle dei loro mercati occupazionali, che contribuiscono a migliorare la competitività e a correggere gli squilibri macroeconomici in Europa. Occorre tuttavia un'azione nettamente più estesa in tutta l'UE per liberare il nostro potenziale di crescita, creare opportunità di sviluppo dell'attività imprenditoriale e sfruttare il potenziale di occupazione dei servizi, dell'energia e dell'economia digitale.

La Commissione ha indicato infine le principali tappe verso un'unione economica e monetaria a tutti gli effetti, comprendente un'unione bancaria: vigilanza finanziaria integrata e regime unico di garanzia dei depositi. Questo processo dovrà tener conto di questioni giuridiche quali le modifiche del trattato e le modifiche costituzionali, conferendo nel contempo legittimità democratica e responsabilità alle prossime tappe verso l'integrazione.

Il pacchetto si articola in tre componenti distinte, ma strettamente connesse tra loro. In primo luogo, una serie di 27 raccomandazioni sceicifiche per paese, più una per l'intera zona euro, sulle politiche economiche e di bilancio. Le analisi su cui si basano le raccomandazioni sono contenute in 28 documenti di lavoro, mentre i messaggi politici generali sono riuniti in una comunicazione sull'azione per la stabilità, la crescita e l'occupazione.

In secondo luogo, la Commissione pubblica i risultati degli esami approfonditi avviati all'inizio di quest'anno per 12 Stati membri considerati a rischio di squilibri macroeconomici. La conclusione della Commissione è che tutti e dodici presentano squilibri, anche se attualmente nessuno squilibrio è eccessivo. Le raccomandazioni specifiche per paese contengono anche orientamenti sull'azione preventiva.

Infine, la Commissione raccomanda al Consiglio di abrogare la procedura per i disavanzi eccessivi per Bulgaria e Germania e propone una decisione del Consiglio che conclude che l'Ungheria ha adottato misure efficaci per correggere il suo disavanzo eccessivo e revoca la sospensione dei suoi impegni nell'ambito del Fondo di coesione per il 2013.

(Fonte: Radid) 

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info@codexa.it (di ALessandra Noviello) Unione Europea Thu, 28 Jun 2012 09:10:24 +0000
Il contratto di lavoro subordinato nel Regolamento CE 593/2008 (Roma I) http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/il-contratto-di-lavoro-subordinato-nel-regolamento-ce-593-2008-roma-i.html http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/il-contratto-di-lavoro-subordinato-nel-regolamento-ce-593-2008-roma-i.html IL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO NEL REGOLAMENTO CE 593/2008 (ROMA I)

Individuazione della legge applicabile in caso di conflitti

in materia di obbligazioni civili e commerciali

 

di Francesco Verdebello

 

articolo già pubblicato sulla rivista giuruduca telematica www.dirittodeilavori.it, anno VI n. 2, giugno, 2012, edita da cacucci, Bari

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info@codexa.it (di Francesco Verdebello) Unione Europea Tue, 26 Jun 2012 19:08:16 +0000
Impegni del Vicepresidente Tajani : valutazione di medio termine http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/impegni-del-vicepresidente-tajani-valutazione-di-medio-termine.html http://www.csddl.it/csddl/unione-europea/impegni-del-vicepresidente-tajani-valutazione-di-medio-termine.html Bilancio dell’attività svolta dal Commissario europeo Tajani e dal suo Gabinetto
a due anni dall’assunzione del mandato (documento di sintesi in allegato),
nonché le sfide e le risposte politiche che caratterizzano la costruzione
della nuova politica industriale europea.
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info@codexa.it (Alessandra Noviello) Unione Europea Wed, 21 Mar 2012 23:02:15 +0000
I nuovi regolamenti comunitari di sicurezza sociale http://www.csddl.it/csddl/comunitario/i-nuovi-regolamenti-comunitari-di-sicurezza-sociale.html http://www.csddl.it/csddl/comunitario/i-nuovi-regolamenti-comunitari-di-sicurezza-sociale.html  I NUOVI REGOLAMENTI COMUNITARI DI SICUREZZA SOCIALE  

                                                             di Mario Di Corato                    

 

Il 1° maggio 2010 sono entrati in vigore i nuovi regolamenti comunitari in materia di sicurezza sociale (nn. 987 e 988 del 2009), pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea L. 284 del 30.10.09, che riguardano il coordinamento dei sistemi previdenziali esistenti nei Paesi membri.

I nuovi regolamenti sostituiscono la normativa CEE (regolamenti nn.1408/71 e 574/72) eliminando il sistema dei formulari cartacei tra Stati e l’introduzione dello scambio telematico delle informazioni e delle domande di prestazione.

La base giuridica è l’art. 48 del Trattato di Lisbona – entrato in vigore il 1° dicembre 2009 - che ha lo scopo di garantire i diritti di sicurezza sociale ai cittadini che si spostano da uno Stato all’altro.

Con i nuovi regolamenti vi è un rafforzamento dei principi di:

-         Unicità della legislazione applicabile;

-         Parità di trattamento

-         Totalizzazione dei periodi assicurativi.

-         Semplificazione e velocizzazione delle procedure.

E’ prevista inoltre una procedura di dialogo e conciliazione nei casi di disaccordo tra le Istituzioni. Nelle more della decisione si applica in via provvisoria la legislazione dello Stato di residenza.

In tale ottica l’INPS è stata chiamata a svolgere un ruolo determinante quale “punto d’accesso” per l’Italia anche delle pratiche riguardanti le altre Casse previdenziali italiane.

Il campo di applicazione riguardano le prestazioni di malattia e maternità, gli infortuni sul lavoro e malattie professionali, gli assegni in caso di morte, le prestazioni pensionistiche di invalidità, vecchiaia e superstiti,  disoccupazione, pensionamento anticipato, prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo.

I nuovi regolamenti si applicano anche ai regimi speciali gestiti da INPGI, ENPALS, INPDAP e CASSE PROFESSIONALI.

I nuovi regolamenti non si applicano ai seguenti Stati: Svizzera, Islanda, Norvegia e Liechtenstein.

Le informazioni attualmente disponibili contenute nei nuovi formulari sono le seguenti:

per quanto riguarda le prestazioni pensionistiche, giova ricordare che al titolare di pensione, liquidata in applicazione della normativa comunitaria, deve essere garantito, nello Stato in cui risiede, un importo non inferiore a quello della prestazione minima prevista dalla legislazione di tale Stato.

Ogni Istituzione che nel corso dell’istruttoria di una domanda di pensione rilevi che l’interessato ha diritto ad una prestazione autonoma liquida tale prestazione senza indugio. Tale prestazione è da considerarsi provvisoria sino a quando l’importo non viene modificato con il completamento della fase istruttoria della domanda.

Disposizioni particolari sono previste per le pensioni di invalidità. In questi casi la domanda di pensione deve essere presentata all’Istituzione competente dello Stato membro alla cui legislazione la persona era soggetta al momento dell’insorgere dell’incapacità al lavoro, seguita da invalidità, o dell’aggravamento; può, in alternativa, essere presentata all’Istituzione del luogo di residenza che la inoltra all’Istituzione competente.

Nelle disposizioni transitorie è inserita la norma relativa al riesame di pratiche già definite. Tale norma prevede che le prestazioni già liquidate possono a domanda essere revisionate in base alla nuova regolamentazione. Se la domanda è presentata entro due anni da decorrenza sarà 1° maggio 2010; se la domanda è presentata dopo due anni la decorrenza sarà fissata dalla data di presentazione della domanda (artt. 93-94 reg. 987/2009).

Per le prestazioni di malattia la persona assicurata in Italia che venga colpita da evento morboso nel periodo di dimora o di residenza in un altro Stato membro è tenuta a rivolgersi al medico dello Stato membro di dimora o di residenza per ottenere la prescritta certificazione e trasmetterla con le modalità previste dalla legislazione italiana alla sede INPS e al datore di lavoro.

Diversamente il lavoratore comunitario colpito da evento morboso durante la residenza o dimora in Italia: invia la certificazione all’Istituzione competente oppure presenta detto certificato e la domanda di prestazione all’ASL di competenza che li trasmetterà all’Istituzione estera competente.

Per quanto concerne l’assistenza sanitaria ai pensionati e ai loro familiari, i costi sono a carico dello Stato che eroga la pensione se questo è anche lo Stato di residenza. In assenza di copertura sanitaria da parte dello Stato membro di residenza i costi sono a carico dello Stato che eroga la pensione.

In caso di corresponsione di più pensioni i costi sono a carico dello Stato membro alla cui legislazione il titolare è stato più lungamente soggetto o soggetto da ultimo.

In materia di prestazioni di disoccupazione,  i periodi esteri possono essere cumulati per il perfezionamento del diritto sia alla disoccupazione ordinaria sia ai trattamenti speciali in agricoltura.

Le principali innovazioni riguardano:

-  l’estensione del campo di applicazione ai regimi di disoccupazione per i lavoratori autonomi;

- un coordinamento più stretto tra i regimi di assicurazione contro la disoccupazione e tra gli uffici  del lavoro degli Stati membri;

-  mantenimento del diritto alle prestazioni per tre mesi per i disoccupati che si recano in un altro Stato membro in cerca di occupazione;

Invece i periodi esteri non possono essere cumulati per perfezionare il diritto alla indennità di mobilità  ; mentre  possono essere cumulati per perfezionare il diritto al prolungamento della indennità di mobilità.

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dipierro@csddl.it (di Mario Di Corato) Unione Europea Wed, 02 Feb 2011 21:15:05 +0000
Libera circolazione dei lavoratori subordinati all'interno dell'U.E. http://www.csddl.it/csddl/comunitario/libera-circolazione-dei-lavoratori-subordinati-allinterno-dellu.e.html http://www.csddl.it/csddl/comunitario/libera-circolazione-dei-lavoratori-subordinati-allinterno-dellu.e.html LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI SUBORDINATI ALL’INTERNO DELL’U.E. 

(da www.dirittodeilavori.it, Anno IV n. 3, ottobre 2010)

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info@codexa.it (di Sergio di Bitetto) Unione Europea Sun, 03 Oct 2010 09:04:16 +0000
Trattato di Lisbona http://www.csddl.it/csddl/comunitario/trattato-di-lisbona.html http://www.csddl.it/csddl/comunitario/trattato-di-lisbona.html TRATTATO DI LISBONA: NUOVE FONTI NORMATIVE E TUTELE NEL DIRITTO DEL LAVORO

di Ezio Bonanni

(in rivista telematica www.dirittodeilavori.it, anno IV n. 2, maggio 2010)

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info@codexa.it (di Ezio Bonanni) Unione Europea Wed, 19 May 2010 15:22:54 +0000
Libera circolazione dei lavoratori: integrazione europea e suoi rischi http://www.csddl.it/csddl/comunitario/libera-circolazione-dei-lavoratori-integrazione-europea-e-suoi-rischi.html http://www.csddl.it/csddl/comunitario/libera-circolazione-dei-lavoratori-integrazione-europea-e-suoi-rischi.html LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI:

INTEGRAZIONE EUROPEA E I SUOI RISCHI 

I recenti e ripetuti episodi di violenze verificatisi nel nostro Paese ai danni di cittadini, da parte di lavoratori stranieri, ancorché comunitari, impongono una serie di riflessioni, e ciò prescindendo dai provvedimenti legislativi che il Governo ha inteso adottare.

A tal fine però, è opportuno conoscere le norme principali che disciplinano  il mercato del lavoro comunitario.

La Costituzione italiana esordisce proclamando la Repubblica “fondata sul lavoro”, e assegnando dunque al lavoro stesso, un ruolo di primaria importanza. E’ chiaro, che in un ordinamento giuridico costruito su tale norma, un posto speciale lo occupi il diritto del lavoro o, per utilizzare una felice quanto moderna espressione il diritto dei lavori.

Se questa considerazione non fosse sufficiente, ad evidenziare la centralità di tale ruolo ci ha pensato la nostra storia: gli anni di lotte e di associazioni sindacali, intese nel significato assolutamente atecnico, di gruppi di persone che condividono gli stessi ideali, interessi o problemi, o perché no, tutte e tre le cose.

Ma la “questione del lavoro” e della disciplina del mercato del lavoro, non riguarda soltanto il nostro Paese. Come è ovvio che sia, si tratta di un argomento che è di attualità, anche in tanti altri Stati ed in tante altre parti del mondo, certamente in tutte le aree più sviluppate. Ed all’interno di una “Unione” di Stati come è quella europea, il lavoro non poteva che essere uno dei temi cardine.

Naturalmente però, l’Unione europea non è un ordinamento dotato di piena effettività, perché la sua sovranità è quella che i Paesi membri le hanno voluto cedere.

Insomma l’Unione europea è ciò che gli Stati vogliono che sia; funziona perché sono gli Stati a volere che funzioni. Ma la “concessione di sovranità” di cui sopra è solo parziale e, peraltro, subordinata ad una serie di “se” e di “ma”. E’ solo con questa premessa che si può guardare serenamente al diritto comunitario primario e derivato. E la prima cosa da fare, in ambito di mercato del lavoro era gettare le basi per un grande mercato comune, obiettivo questo, che è inevitabilmente subordinato alla possibilità per i lavoratori, di circolare liberamente all’interno del territorio comunitario.

In particolare, l’art. 39 del trattato CE si occupa di assicurare ai lavoratori subordinati “la libera circolazione all’interno della Comunità”. Libera circolazione che, stando all’articolo e ai casi che la giurisprudenza comunitaria vi ha fatto rientrare, consiste nel diritto di muoversi liberamente sul territorio europeo al fine di rispondere ad offerte di lavoro nonché nel diritto di prendere dimora in uno qualsiasi degli Stati membri per svolgervi un’attività di lavoro subordinata.

Ma il contenuto della libera circolazione dei lavoratori si spinge fino a garantire il diritto di rimanere sul territorio comunitario “dopo aver occupato un impiego” nonché il diritto di muoversi liberamente su detto territorio al fine di cercarsi un lavoro.

In particolare, quest’ultimo aspetto della libera circolazione dei lavoratori non è stato previsto direttamente dall’art.39, ma deve considerarsi un diritto effettivo dei lavoratori europei, alla luce di una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea, che ha definito “non tassativa” l’elencazione dell’art.39 facendovi rientrare appunto, l’aspetto in questione.

Se la circolazione dei lavoratori sul territorio degli Stati membri, deve essere libera, ciò implica che ogni specie di discriminazione ai danni dei lavoratori stessi debba essere vietata. Se così non fosse la loro circolazione , non potrebbe considerarsi libera, o perlomeno, si tratterebbe di un diritto svuotato dei suoi profili più importanti. Non a caso, è lo stesso art. 39 al II° paragrafo, che vieta ogni discirminazione "fondata sulla nazionalità".

Per violare l’art.39, non è necessaria una normativa nazionale che sia direttamente discriminatoria, nei confronti di lavoratori stranieri (europei s’intende, altrimenti non è al trattato CE che bisogna guardare) ma è sufficiente qualunque disposizione che pur essendo indistintamente applicabile, risulti “sfavorevole” per i lavoratori che siano cittadini di un altro Stato membro; in questo senso risulterebbe contrario all’art.39 anche il subordinare determinati trattamenti favorevoli a requisiti di residenza. Il lavoratore subordinato non cittadino del Paese membro in questione ha diritto al c.d. trattamento nazionale, vale a dire il diritto ad essere trattato come un cittadino dello Stato e quindi, contraria all’art.39 sarebbe anche una disposizione che attribuisca condizioni favorevoli ai soli lavoratori cittadini di quel Paese.

Sebbene l’art.39 faccia salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica e non si applichi al settore della pubblica amministrazione, tali limitazioni costituiscono delle deroghe a un principio generale, che è quello della libera circolazione dei lavoratori e dunque ad esse va data una interpretazione restrittiva; in tal senso si è espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione europea. Alla luce di dette considerazioni, il disposto dell’art.39 attribuisce ai lavoratori non cittadini una piuttosto ampia gamma di diritti che, a seguito dell’allargamento dell’Europa a 27 Stati, può creare qualche perplessità, soprattutto per quanto riguarda l’ordine pubblico.

Perché , come già evidenziato, alle deroghe dell’art.39, va data una interpretazione restrittiva. E a proposito delle limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, la Corte di Giustizia ha chiarito che non è sufficiente (per disapplicare l’art.39) la sola “esistenza” di condanne penali a carico del soggetto in questione, in quanto va esaminata la condotta tenuta dall’individuo, quindi la sua eventuale pericolosità, nel periodo di tempo in cui sarà impiegato nell’attività lavorativa in esame.

La materia è dunque molto delicata, perché bisogna tener conto da un lato degli interessi dei lavoratori non cittadini (che si trovano in una situazione di svantaggio, per il solo fatto di non trovarsi nel proprio Paese) ma dall’altro degli interessi dei cittadini di ogni Stato membro, che alla sicurezza ci tengono più che a qualunque altra cosa. Le istituzioni comunitarie, così come quelle nazionali debbono contemperare al meglio tali interessi, che peraltro si configurano come dei veri e propri diritti. Una riflessione è d’obbligo: qual è il prezzo che vogliamo pagare per garantire più diritti ai lavoratori subordinati migranti? Stabiliamo e mettiamoci d’accordo su questo prezzo, perché solo così potremo serenamente scegliere quale strada intraprendere. Ed è un’ operazione che dobbiamo compiere, mettendo da parte tutti i nostri istinti campanilistici, consapevoli del fatto che siamo parte di un progetto importante, come è quello europeo, ma anche consapevoli del fatto che c’è un solo settore dove non dobbiamo mai abbassare la guardia: la pubblica sicurezza.

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info@codexa.it (di Valerio Belsito) Unione Europea Sat, 16 Jan 2010 10:26:59 +0000