Riforme - Jobs act - CSDDL.it - Centro Studi Diritto Dei Lavori Centro Studi Diritto dei Lavori - Bisceglie - A cura dell'Avv. Antonio Belsito e del Prof. Gaetano Veneto https://www.csddl.it/csddl/mercato-del-lavoro/ Fri, 12 Mar 2021 13:00:04 +0000 Joomla! 1.5 - Open Source Content Management it-it Jobs Act ovvero: ancora pannicelli caldi https://www.csddl.it/csddl/jobs-act/jobs-act-ovvero-ancora-pannicelli-caldi.html https://www.csddl.it/csddl/jobs-act/jobs-act-ovvero-ancora-pannicelli-caldi.html Nessuna riforma del lavoro può creare nuove occasioni di occupazione!

JOBS ACT ... ovvero: ANCORA PANNICELLI CALDI 

Non è affatto vero che le trovate renziane siano negative. Il premier è effettivamente mosso da valide intenzioni e va apprezzata la caparbietà e la voglia di far presto, stante la gravità della situazione, desiderio che mal si concilia con la mentalità della penosa classe politica scelta nominalmente dai segretari dei partiti e disinvoltamente voluta in forma bipartisan da comunisti e da berlusconiani.

D'altronde, se i parlamentari vengono scelti dai segretari e imposti agli italiani con elezioni farsa, perché scandalizzarsi della scelta di Premier non eletti dal popolo?

Il jobs act (parole non italiane e, quindi, offensive dell'orgoglio del popolo italiano, utilizzate perché verosimilmente ci si imbarazza a discutere nuovamente di riforme del lavoro stante i fallimenti di quelle dell'ultimo decennio!) presenta interessanti innovazioni, a prescindere da ultronee polemiche sull'art. 18 l. n. 300/1970 - per nulla incisivo nel mercato del lavoro - dannoso soltanto per i piccoli imprenditori che avevano il torto di superare il numero di 15 dipendenti e venivano, quindi, penalizzati allo stesso modo delle grandi aziende, anche a causa di una miopia legislativa troppo spesso lontana dai contesti sociali.

Tuttavia ciò è accaduto perchè, purtroppo, chi scrive i testi normativi solitamente non è un effettivo "addetto ai lavori" e, in quanto avulso dalla realtà, improvvisa progetti e programmi fantasiosi, non disdegnando precisazioni utili ad avvantaggiare solo qualcuno...

Ci si astiene dal commentare la nuova versione, del 2012, dell'art. 18 l. n. 300/1970 in quanto appare riscritto da "quattro amici al bar" e, pertanto, non meritevole di alcuna attenzione come, d'altronde, la ministra dalle lacrime di coccodrillo che lo ha firmato.

Oggi, con queste nuove disposizioni - se è innegabile la possibilità, neanche indiretta, che si possa ottenere, magicamente, la creazione di nuovi posti di lavoro - si cerca di dare un piccolo aiuto alle poche imprese sopravvissute allo stritolamento fiscale posto in essere dagli ultimi tre governi. Perciò possono andare bene le "tutele crescenti" e gli innumerevoli piccoli interventi (non più contratti di collaborazione, tranne quelli previsti da contratti collettivi come per i lavoratori nei call center), ma non si devono più raccontare frottole poiché l'economia non ripartirà con l'ennesima riforma del lavoro che non può creare occasioni di occupazione!

Gli italiani sono stanchi di essere rappresentati da servi delle lobby finanziarie che si pregiano di declamare grandi cambiamenti e non sono in grado di concretizzare la maggior parte delle promesse, anche a causa di tanti autoritari politicanti che continuano impunemente ad approfittare della situazione, in barba a sei milioni di italiani ridotti alla povertà ed ai vani propositi di riduzione dello spreco del denaro pubblico.

Si vorrebbero persone davvero serie e capaci come governanti. Dovendosi accontentare dell'ex sindaco di Firenze, accordandogli la buona fede sui suoi annunci, si chiede di smetterla di prendere in giro gli italiani e di non essere servo delle lobby europee. L'Unione europea non può essere schiava dei potenti ma deve portare benessere a tutti i suoi cittadini.

Le teorie dei grandi economisti del passato devono sopravvivere alle trovate di improvvisati dell'ultima ora, alquanto interessati. L'economia, infatti, ripartirebbe solo ed esclusivamente se un Governo - composto da Uomini seri e competenti - avviasse lavori pubblici (possibilmente senza ruberie) ne, soprattutto, smettesse di sperperare denaro pubblico, continuando a pressare il popolo con tasse e balzelli vergognosi che nulla hanno a che fare con una democrazia civile e moderna.

Il jobs act, insomma, potrebbe anche andare bene (bisognerebbe però scrivere leggi chiare e sintetiche!); tuttavia, come con altri interventi del passato, ancora una volta si vorrebbe curare una malattia grave con ... pannicelli caldi!

Con qualche decimale positivo dopo tanti anni di crollo, non si recupera un bel niente ... 

 

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info@codexa.it (di Antonio Belsito) Jobs Act Mon, 09 Mar 2015 11:36:59 +0000
Contributi https://www.csddl.it/csddl/jobs-act/contributi.html https://www.csddl.it/csddl/jobs-act/contributi.html Il job act ed il 2015

di Gaetano Veneto 

 

Job act e contratto a tutele crescenti

di Clarenza Binetti 

 

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info@codexa.it (Administrator) Jobs Act Tue, 24 Feb 2015 18:20:16 +0000
Il contratto a termine https://www.csddl.it/csddl/contratti-di-lavoro/il-contratto-a-termine.html https://www.csddl.it/csddl/contratti-di-lavoro/il-contratto-a-termine.html Il contratto a termine 

di Rossella Vangi* 

1.    Dall’attuazione dalla direttiva 1999/70/CE al d.lgs. n. 368/2001 ed alla riforma Fornero

In Italia l’ingresso del binomio flessibilità-precarietà può essere ricondotto, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, alla crisi del sistema industriale taylor-fordista (in cui l’impresa è il luogo centrale delle decisioni strategiche relative alla produzione) ed al successivo ed improvviso passaggio al sistema post-industriale, basato sul principio del just in time (in cui il luogo strategico delle decisioni diviene il mercato).

Il sistema just in time garantisce la continua e perfetta simmetria tra l’offerta dei beni prodotti e la domanda che proviene dal mercato: tutti i fattori produttivi devono essere acquisiti e arrivare in produzione nel preciso momento in cui ce n’è bisogno e nella quantità necessaria.Tale principio impone l’esigenza della flessibilità organizzativa ed operativa all’interno delle imprese, più precisamente l’impresa deve diventare un’entità elastica, a morfologia variabile. In questo contesto si inserisce la direttiva comunitaria 1999/70/CE del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato[2].

L’obiettivo della direttiva era quello di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione e creare allo stesso tempo un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti a tempo determinato.Benché l’ordinamento italiano fosse già sostanzialmente conforme ai principi enunciati nella Direttiva, il Legislatore ha dato espressa attuazione alla stessa emanando il d.lgs. n. 368/2001 (più volte successivamente modificato) il quale, dopo avere abrogato espressamente la l.  n. 230/1962, ha regolato ex novo la materia. Precisamente si è previsto, oltre che condizioni meno stringenti per l’apposizione del termine al contratto di lavoro (sostituendo il sistema basato sulla tassatività delle ragioni di cui alla l. 230/62, che la regola secondo cui può essere adottata tale tipologia di contratto in presenza di ragioni di carattere, tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, purché specificate in un atto scritto), sanzioni diverse per la violazione dei limiti dalla stessa previsti, stabilendo una normativa speciale in caso di prosecuzione di fatto del rapporto oltre la data di scadenza o in caso di successione di contratti senza soluzione di continuità o con intervalli inferiori ai limiti dalla stessa previsti (cfr. art. 5 d.lgs. 368/01).Inoltre il citato d.lgs. ha lasciato spazio alla tutela di diritto comune (ed in particolare quella prevista dall’art. 1419 comma 2 cod. civ., comportante la riqualificazione a tempo indeterminato del rapporto, con sua conversione ex tunc in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato) nei casi in cui il termine viene apposto in violazione di divieti legali o per ragioni solo formalmente indicate nel contratto, ma insussistenti in concreto.

Il quadro è stato ulteriormente modificato dalla l. 92/2012 (c.d. legge Fornero), con la previsione di un «primo rapporto» a tempo determinato "acausale" e di durata massima di 12 mesi, che di fatto rafforza il lavoro a termine come contratto di ingresso nel mondo del lavoro in assenza di ragioni oggettive che possano giustificare la sua stipulazione.In questo modo il contratto a termine diventerà la forma generale di prima assunzione, scoraggiando la costituzione di rapporti stabili con apposizione del patto di prova. Lo stesso Ministero del Lavoro in una Circolare del 2012 afferma che la finalità del primo rapporto “acausale” é quella di verificare le «attitudini e capacità professionali del lavoratore in relazione all’inserimento nello specifico contesto lavorativo», confermando come il nuovo contratto svolga la medesima funzione del patto di prova. Prima della l. 92/2012 la prima assunzione doveva essere effettuata con un rapporto fondato su esigenze temporanee (secondo l’interpretazione accolta anche dalla giurisprudenza per tutti i contratti a termine, incluso quello di inserimento) e con l'obbligo di realizzare le (modeste) esigenze formative contenute nel «progetto individuale di adattamento delle competenze professionali» definito dalla contrattazione collettiva. Inoltre la legge prevedeva limiti soggettivi (con riferimento specifico anche ai giovani ed ai datori di lavoro) ed oggettivi (in relazione, ad esempio ai rapporti di lavoro stabilizzati quale condizione di accesso all'istituto). Oggi, al contrario, tutta questa normativa è stata eliminata ed è autorizzato un contratto a termine assai lungo, senza causale giustificativa, privo di qualsiasi obbligo formativo e di conversione in lavoro stabile dei contratti precari già stipulati. Da quanto detto la "precarietà in entrata" nel mondo del lavoro è destinata ad aumentare e la nuova disciplina non è certo tale da poter attribuire al lavoro stabile il ruolo di “contratto dominante”, almeno quale strumento di ingresso al lavoro[3].

La Riforma Fornero ha introdotto nel d.lgs. n.368/2001 il comma 1 bis, dopo aver precisato che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, il quale prevede “la possibilità di stipulare un «primo rapporto a tempo determinato di durata non superiore a 12 mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualsiasi tipo di mansioni, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione nell'ambito della somministrazione di manodopera”. Questo contratto non ha bisogno delle esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive previste per tutti i rapporti a termine ed è quindi "acausale".Tuttavia è sempre necessaria la forma scritta ad substantiam, perché la deroga riguarda solo le «ragioni» per cui si stipula il contratto e non modifica la prima parte del comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. 368/2011 (l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto). Inoltre il «primo rapporto» non può essere prorogato, perché la proroga presuppone «ragioni oggettive» che sono assenti nel primo contratto a termine acausale, oltre che per il carattere eccezionale e derogatorio di quest’ultimo rispetto a quello ordinario, fondato su necessità temporanee di lavoro[4]. Difatti l’art. 4 del d.lgs. n. 368/2001, così come modificato dalla legge Fornero conferma che: "Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni. L'onere della prova relativa all'obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l'eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro. Il contratto a tempo determinato di cui all'articolo 1, comma 1-bis, non può essere oggetto di proroga".

Quanto sopra descritto è perfettamente in linea con la ratio della riforma  che è quella non di contrastare l’utilizzo del contratto a tempo determinato in sé, ma piuttosto l’uso ripetuto e reiterato per assolvere ad esigenze a cui dovrebbe rispondere il contratto a tempo indeterminato. Difatti non è possibile stipulare un contratto acausale quando tra le parti vi sia già stato un primo rapporto lavorativo. Più precisamente la Circolare Ministeriale n. 18/2012 conferma il divieto di stipula del contratto acausale quando tra le parti vi sia stato “già un primo rapporto lavorativo di natura subordinata”, lasciando quindi aperta la possibilità di avere una assunzione a tempo determinato se in precedenza vi erano stati contratti di lavoro autonomo. Comunque, la finalità di “contratto di ingresso” del lavoro a termine senza giustificazione, l’intento della legge di ridurre la precarietà del lavoro e l’abuso dei contratti flessibili, la possibilità, anche tramite un co.co.co o un lavoro a progetto di verificare “le attitudini e le capacità del lavoratore in relazione all’inserimento nello specifico contesto lavorativo”, sono tutti elementi che porterebbero a ritenere che la preclusione operi anche in presenza di pregressi rapporti di lavoro autonomo.Come già detto il «primo rapporto a tempo determinato» acausale non può essere superiore a 12 mesi e richiede la forma scritta ad substantiam. Pertanto, la loro violazione determinerà la conversione del contratto a termine in uno a tempo indeterminato ai sensi degli artt. 1418 e 1419, c. 2, c.c., pur in assenza di un'espressa sanzione in tal senso, non contenuta né nel d.lgs. 368/2001, né nella l. 92/2012. La conversione è conseguente all'applicazione dei principi civilistici in tema di nullità parziale, in coerenza con quanto sostenuto dalla giurisprudenza costante in materia di contratto a termine (Cass. 21 maggio 2008, n. 12985; Cass. 18 gennaio 2010, n. 629; Cass. 23 novembre 2010, n. 23684; Cass. 11 maggio 2011, n. 10346; Cass. 21 novembre 2011, n.24479 e C. Costituzionale del14 luglio 2009, n. 214).Inoltre l’art. 1, comma 9, lettera e), della Legge n.92/2012 estende il periodo di “tolleranza” entro il quale il prolungamento del contratto oltre il termine finale (eventualmente prorogato) non determina la sua conversione in un rapporto a tempo indeterminato, ma soltanto un incremento della retribuzione dovuta. I termini di venti giorni (per i contratti fino a sei mesi) e quello di trenta giorni (per i contratti superiori a sei mesi) sono stati elevati rispettivamente a trenta e cinquanta giorni.La nuova disposizione, come è evidente, penalizza i lavoratori e non si muove certo «nel segno del contenimento della flessibilità in entrata: essa, al contrario, accresce la protezione del datore di lavoro contro l’effetto dirompente della conversione[5].

A parere di chi scrive, il suddetto termine, cd “cuscinetto”, così come riformato, dimostra il mutamento delle finalità perseguite dalla disposizione: non si tratta infatti più di evitare le conseguenze sproporzionate (la conversione del contratto) derivanti dal superamento del termine finale per qualche giorno e per ragioni comprensibili, bensì di consentire la programmazione del prolungamento del rapporto oltre la scadenza pattuita senza incorrere nel pericolo di trasformazione del contratto in uno stabile e con conseguenze di carattere solo economico. In sostanza si intende favorire un fisiologico ampliamento della durata del contratto a prescindere dalla effettiva sussistenza delle esigenze tecniche od organizzative. Questo mutamento di funzione dei termini previsti dal comma 2 dell’art. 5 del d.lgs. 368/2001 è un ulteriore elemento che conferma l’applicazione dei 30 e 50 giorni di “tolleranza” ivi previsti anche al “primo rapporto” “acausale” previsto dal nuovo comma 1 bis (o a quello alternativo rimesso allacontrattazione collettiva). Inoltre la legge Fornero all’art. 1, comma 9, lettera g), modifica il comma 3 dell’art. 5 del d.lgs. 368/2001 estendendo gli intervalli tra un contratto a termine e l’altro. I dieci giorni, originariamente previsti per i rapporti fino a sei mesi, vengono elevati a sessanta ed i venti giorni, relativi ai contratti superiori a sei mesi, diventano novanta. Sono indubbiamente consistenti  estensioni dei periodi temporali, dirette ad evitare la utilizzazione sistematica del lavoro a termine e la precarizzazione del lavoratore. In questo caso la legge italiana si è adeguata agli orientamenti della Corte di Giustizia Europea che ha censurato normative nazionali che prevedono intervalli eccessivamente ridotti tra un contratto e l’altro (come, ad esempio, i 20 giorni previsti dalla legge italiana). In tale modo, infatti, si consentirebbe di utilizzare il lavoro a termine per soddisfare esigenze lavorative delle imprese durevoli e costanti nel tempo che dovrebbero essere coperte con un contratto a tempo indeterminato, in contrasto con la finalità della direttiva 1999/70/CE già spiegate in narrativa.Inoltre la Riforma Fornero ha previsto un nuovo regime di decadenze rispetto alla impugnazione dei contratti a termine, ovvero un doppio termine di decadenza.Più precisamente all’art. 1, comma 11, la legge in commento prevede che il lavoratore che intenda eccepire la nullità del termine opposto al contratto deve rendere nota tale volontà al datore di lavoro con qualsiasi atto, anche stragiudiziale, entro 120 giorni dalla scadenza del contratto (e non più entro 60 g) e avviare il relativo giudizio innanzi al Giudice del Lavoro entro i successivi 180 giorni ( e non più 270)[6].

Questi nuovi termini si applicano ai contratti a tempo determinato cessati dopo il 1° gennaio 2013.La modifica dei termini di decadenza è certamente frutto anche del prolungamento degli intervalli tra un contratto a termine e l’altro , ma ha anche una finalità ulteriore ovvero quella di contrastare la pratica di impugnazioni giudiziali a lunga distanza dalla scadenza del termine. Infine, il comma 13 del citato articolo, con norma di interpretazione autentica, chiarisce che l’indennità (prevista dall’art. 35, comma 5, della l. n. 183/2010) che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore in caso di conversione del rapporto di lavoro a termine in uno a tempo indeterminato è onnicomprensiva ovvero ristora l’intero pregiudizio subito dal lavoratore ivi comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la cessazione del contratto a termine ritenuto illegittimo e la sentenza del Giudice, il cui ammontare oscilla da un minimo di 2,5 mensilità a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.Dal tenore letterale della norma appare evidente come la stessa escluda qualsiasi moltiplicazione delle somme dovute, nel caso in cui vi siano stati una successione di contratti a tempo determinato, pertanto l’indennità è unica anche in quest’ultimo caso. Ovviamente la disposizione esclude il diritto del lavoratore al percepimento di qualsiasi altro risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale subito. 

2.    La riforma Fornero difronte ai principi enucleati dalla Corte di giustizia nella sentenza Sorge del 2010 

La direttiva 1999/70/CE prevede una clausola di non regresso secondo la quale: “gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli per i lavoratori di quelle stabilite nel presente accordo. Il presente accordo non pregiudica ulteriori disposizioni comunitarie più specifiche, in particolare per quanto riguarda la parità di trattamento e di opportunità uomo-donna. L’applicazione del presente accordo non costituisce motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell’ambito coperto dall’accordo stesso”.

Nella sentenza 24 giugno 2010 Sorge (procedimento C 98/09), la Corte di Giustizia ha precisato che: tale clausola è priva di efficacia diretta, sicché spetta al giudice del rinvio, qualora ritenesse di concludere per l’incompatibilità con il diritto dell’Unione della normativa nazionale, non escluderne l’applicazione, bensì operarne per quanto possibile, un’interpretazione conforme sia alla direttiva 1999/70, sia allo scopo perseguito dal citato accordo”. Più precisamente la Corte di Giustizia richiede di controllare se: “la riduzione delle tutele garantite ai lavoratori a termine in occasione della trasposizione della direttiva sia stata compensata da innalzamento di altre forme di tutela in favore dei lavoratori stessi”.

Alla luce di tale importante pronuncia, nel caso della Riforma Fornero si tratterebbe di verificare il peggioramento o il miglioramento introdotto dalla citata riforma, tenendo in considerazione l’eventuale bilanciamento tra disposizioni che riducono le garanzie con quelle che eventualmente le incrementerebbero. Tra le deroghe in pejus introdotte dalla l. 92/2012 rientrerebbero: l’inserimento di un primo contratto a termine “acausale”, che esclude la temporaneità delle ragioni economiche ed organizzative(l’identica disciplina è prevista per la prima missione con una somministrazione a tempo determinato); il prolungamento del periodo di “tolleranza” nella prosecuzione del contratto, che, di fatto, consente di realizzare una ulteriore dilatazione programmata della sua durata originaria senza che ciò comporti una conversione del contratto a termine in uno a tempo indeterminato; l’introduzione del doppio termine di decadenza, che sostituisce alla possibilità di agire nell’ambito della prescrizione ordinaria ed impone oneri di impugnazione e di attivazione della tutela giurisdizionale molto più ridotti di quelli precedenti; la previsione di un’unica indennità risarcitoria onnicomprensiva, che porta ad una minore entità del risarcimento stante l’esclusione della risarcibilità di altre voci di danno patrimoniale e non. Tra i miglioramenti vi sono: l’incremento degli intervalli tra un rapporto di lavoro a tempo determinato e il successivo; il computo della somministrazione nel “tetto” massimo dei 36 mesi previsti dall’art. 5, comma 4 bis, del d.lgs. 368/2001 e l’aumento del periodo temporale entro il quale effettuare l’impugnazione stragiudiziale ai sensi dell’art. 32, c. 3, della legge 183/2010.

Sembra, a chi scrive, che in una logica di valutazione complessiva delle innovazioni e di bilanciamento tra esse, il saldo sia negativo. I miglioramenti connessi alle disposizioni dirette a ridurre la successione dei contratti a termine ed il ricorso a forme di lavoro temporaneo sono compensati dal netto peggioramento legato alla diffusione generalizzata di primi rapporti o missioni a tempo determinato “acausali” e per periodi temporali assai lunghi, senza dimenticare le ulteriori modifiche peggiorative in tema di impugnazione dei contratti e di conseguenze risarcitorie derivanti dall'illegittima apposizione del termine. In definitiva, la legge facilita la diffusione del contratto a termine quale strumento d'ingresso nel mercato del lavoro anche in assenza di ragioni giustificative e penalizza i lavoratori sia sotto il profilo delle tutele giurisdizionali (imponendo specifici termini di decadenza, solo in parte resi meno stringenti), sia per quanto riguarda gli effetti economici della violazione di norme imperative. Tuttavia questo indubbio regresso nelle garanzie potrebbe essere in parte giustificato dal perseguimento di obiettivi di politica sociale o del lavoro finalizzati a soddisfare esigenze di interesse generale, così come sostenuto dalla Corte di Giustizia nella sentenza Sorge. Si potrebbe sostenere, ad esempio, che il «primo rapporto» "acausale" è diretto a migliorare l'accesso in un mercato del lavoro caratterizzato da elevati livelli di disoccupazione, soprattutto giovanile, ma così non appare nella realtà.Ancora, si potrebbe affermare che l'introduzione del doppio termine di decadenza e della indennità risarcitoria onnicomprensiva trovino fondamento in ragioni di utilità generale, consistenti nella avvertita esigenza di una tutela economica dei lavoratori a tempo determinato più adeguata al bisogno di certezza dei rapporti giuridici tra tutte le parti coinvolte nei processi produttivi.

Queste argomentazioni potrebbero dunque legittimare le riforme in pejus ed incidere sulla valutazione dell'impatto della nuova legge sul livello complessivo di tutela garantito dalle normative preesistenti. Tutti i peggioramenti, infatti, troverebbero «motivi validi» diversi dalla spinta positiva della direttiva e sarebbero quindi esclusi dal principio di non regresso.Ovviamente le ragioni giustificative descritte potrebbero essere contestate sotto diversi profili, anche perché, pur se la Corte di Giustizia non sembra aver analizzato questo aspetto, occorrerebbe valutare la "proporzionalità" della giustificazione addotta con altri valori costituzionali non solo italiani. Tuttavia i recenti dati sulle ultime (poche) assunzioni nello statico mercato del lavoro inducono ad un giudizio negativo che, nei fatti, smentisce tutte le precedenti ipotesi giustificative.

Infine, senz’altro assai discutibile appare il principio secondo cui la disoccupazione possa essere ridotta tramite il ricorso a contratti precari in un contesto normativo (anche europeo) in cui la stabilità del lavoro é ancora un elemento fondamentale; inoltre, la stessa esigenza di certezza del diritto dovrebbe essere contemperata con la tutela del lavoro, che resta un cardine della nostra Costituzione e non consente di sacrificare in misura eccessiva diritti economici del lavoratore o di accesso alla tutela giurisdizionale. Non è un caso, allora, che si sia potuto scrivere a proposito della riforma Fornero come di una“legge molto discussa ed ancora discutibile”[7]. 


* Laurea magistrale in giurisprudenza magistrale, conseguita con la votazione di 110/110 e la concessione della lode, discutendo la tesi sperimentale in “Sicurezza nei luoghi di lavoro e responsabilità penale del datore di lavoro”.
[2] M. Malizia, Il lavoro temporaneo all’interno del panorama europeo: genesi sviluppo e forme di tutela applicabili, in Il lavoro nella giurisprudenza, 2013.
[3] R. Voza, Il contratto a tempo determinato, in Flessibilità e tutele nel lavoro. Commentario della legge 28 giugno 2012, n. 92, (a cura di) P. Chieco, Cacucci, Bari, 2012.
[4] R. Voza, op. cit..
[5] A. Vallebona, La riforma del lavoro 2012, Giappichelli, Torino, 2012.
[6] A. Vallebona, op. cit..
[7] G. Veneto, Mercato del Lavoro: una nuova legge e il rispetto della costituzione, in rivista giuridica telematica Il diritto dei lavori, anno VI, n. 2, Cacucci, Bari.

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info@codexa.it (di Rossella Vangi) Contratti di lavoro Wed, 23 Oct 2013 10:04:38 +0000
la bilateralità https://www.csddl.it/csddl/enti-bilaterali/la-bilateralita.html https://www.csddl.it/csddl/enti-bilaterali/la-bilateralita.html info@codexa.it (Administrator) Enti bilaterali Fri, 26 Apr 2013 10:45:49 +0000 Bilateralità: un modo diverso di fare Relazioni Sindacali https://www.csddl.it/csddl/enti-bilaterali/bilateralita-un-modo-diverso-di-fare-relazioni-sindacali.html https://www.csddl.it/csddl/enti-bilaterali/bilateralita-un-modo-diverso-di-fare-relazioni-sindacali.html Bilateralità: un modo diverso di fare Relazioni Sindacali

di Mario Longo

La moderna bilateralità nasce nell’ambito degli accordi sindacali stipulati tra le Parti sociali datoriali e dei lavoratori dal 1983 in poi e rappresenta l’esperienza più emblematica di un modo di fare relazioni sindacali quantomeno alternativo, se non proprio antitetico rispetto ai meglio conosciuti modelli di bargaining di stampo industriale. Si può senza dubbio affermare, infatti, che l’esperienza della bilateralità sia lo specchio dei settori produttivi di cui è diretta emanazione. In tal senso quello dell’artigianato non soltanto è un esempio calzante, ma rappresenta al giorno d’oggi lo stato dell’arte della migliore bilateralità.  Ad un così positivo sviluppo del sistema ha senza dubbio contribuito la cifra genetica tipica del mondo artigiano in cui datore di lavoro e lavoratore non sono parti frontalmente contrapposte come negli stilemi tipici della lotta di classe, ma sono piuttosto soggetti che spesso lavorano fianco a fianco, intimamente connessi non soltanto da interessi comuni, ma anche da un rapporto che, lungi dall’essere mera “utilizzazione” della forza lavoro, assume nella stragrande maggioranza dei casi, i connotati della più schietta“collaborazione”.

Non è dunque un caso che proprio nell’ambito dell’artigianato la bilateralità abbia trovato terreno fertile per crescere e svilupparsi: essa, infatti, non è altro che la sublimazione di un modus operandi improntato al reciproco rispetto ed alla collaborazione che, nato tra le mura della bottega, si ritrova arricchito di significati e risultati nel rapporto tra Organizzazioni sindacali ed Associazioni datoriali.In epoca recente il Legislatore, complice la sempre più grave penuria di risorse pubbliche,  ha mostrato un crescente interesse nei confronti degli Enti Bilaterali, in un processo di riscoperta dei meccanismi mutualistici che, è bene ricordarlo, nei primi del ‘900 rappresentavano l’unico sostegno per i lavoratori in caso di sospensioni o riduzioni dell’attività produttiva. Da allora, se per l’industria sono stati creati istituti come quello della cassa integrazione, lo stesso non è accaduto in ambiti come quello dell’artigianato e dell’impresa diffusa. In tali settori, il compito di definire un sistema efficace di ammortizzatori è spettato alle Parti sociali. L’impianto così definito si è dimostrato nel tempo non soltanto efficace, ma anche efficiente, ben lungi dagli sprechi di un sistema pubblico che ha spesso tracimato nel mare magnum dell’assistenzialismo.

A partire dall’esperienza del sostegno al reddito, il concetto della bilateralità ha ben presto esteso la propria operatività ad altri campi: la sicurezza sui luoghi di lavoro, la formazione continua dei dipendenti e, più recentemente, la sanità integrativa sino ad arrivare ad una molteplicità di prestazioni rivolte sia ai lavoratori che ai titolari di impresa e calibrate, in modi e forme differenziati, in riferimento ai singoli territori regionali ma pur sempre contraddistinte dalla cifra stilistica e sostanziale della gestione condivisa tra Sindacati e Associazioni datoriali.

Per ciò che riguarda l’artigianato, il sistema della bilateralità è incentrato su singoli fondi regionali che fanno capo ad un unico Ente nazionale, l’EBNA (Ente Bilaterale Nazionale dell’Artigianato). Gli accordi interconfederali sottoscritti negli ultimi 10 anni, in particolar modo quello del 23 luglio 2009, applicativo di quella che è stata la prima vera intesa di riforma degli assetti contrattuali (21 novembre 2008) in Italia, hanno disegnato un’architettura in cui le prestazioni bilaterali diventano “diritto contrattuale di ogni singolo lavoratore, che pertanto matura, nei confronti delle imprese non aderenti al sistema bilaterale, il diritto alla erogazione diretta delle prestazioni da parte dell’impresa datrice di lavoro”, unitamente ad un elemento retributivo aggiuntivo da erogarsi in busta paga.Si tratta del primo, vero sistema organico di welfare contrattuale, di almeno una decina d’anni in anticipo sui più recenti tentativi di stampo eteronormativo che, in ragione della crisi economica, sollecitano la creazione di analoghi sistemi di mutualità.

La stessa legge n. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero), nel ridefinire il corpus degli ammortizzatori sociali fa esplicito riferimento agli Enti Bilaterali ed in particolare a quello dell’artigianato (art. 3, comma 14), come modello di riferimento per la creazione di un sistema compartecipato sempre più efficiente e sempre meno assistenziale.

Ad oggi l’EBAP, Ente Bilaterale dell’Artigianato Pugliese, costituito dalle sigle datoriali e sindacali maggiormente rappresentative del mondo dell’artigianato della nostra regione, associa più di 7.000 imprese ed eroga prestazioni e servizi ad una platea di più di 20.000 lavoratori. Le prestazioni, in continua crescita, vanno dal sostegno al reddito in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, agli incentivi in caso di assunzione o trasformazione del rapporto a tempo indeterminato; dai contributi per investimenti aziendali sulla sicurezza all’intervento in caso di ripristino/ricostruzione per gli eventi di forza maggiore; dal sostegno alla formazione professionale  fino ad interventi innovativi di assoluto rilievo sociale come l’integrazione al reddito per congedi parentali o per prolungamento dell’astensione facoltativa per l’assistenza a figli minori con handicap o per l’integrazione della contribuzione volontaria in caso di trasformazione del rapporto di lavoro in part-time in chiave di assistenza alla prole.Sono queste alcune delle prestazioni che l’EBAP eroga e che rappresentano solo una piccola parte del più articolato ed efficiente sistema di welfare contrattuale esistente oggi in Italia.                                                                                          

Per maggiori informazioni: www.ebapuglia.it  

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info@codexa.it (di Dario Longo) Enti bilaterali Thu, 04 Apr 2013 18:02:30 +0000
SALIAMO? SCENDIAMO? NO: ENTRIAMO NEL MONDO DEL LAVORO! https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/saliamo-scendiamo-no-entriamo-nel-mondo-del-lavoro.html https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/saliamo-scendiamo-no-entriamo-nel-mondo-del-lavoro.html SALIAMO? SCENDIAMO?

NO: ENTRIAMO NEL MONDO DEL LAVORO!

 

Per il Nuovo anno il nostro Centro userà - come è necessario per il grave momento, economico e finanziario, ma soprattutto sociale e morale, che stiamo attraversando – parole chiare per le quali, mai come questa volta, vale l’antico detto: in claris non fit interpretatio.

Oggi nel nostro Paese si discute “drammaticamente”, ma in realtà è una farsa , se in politica si debba “scendere” o “salire”. Eppure basterebbe usare, conoscendo l’italiano, l’unico termine adeguato e corretto di “entrare” (o “uscire”).

Così l’Italia, qualunquemente, affonda: non a caso il protagonista del film, per primo, dichiara di “salire in politica”. Ebbene, con chiarezza, con questo messaggio di auguri poniamo a “tecnici” improvvisamente scopertisi politici della “Provvidenza” e a politici , novi o riciclati, quando non rottamati, qualche essenziale quesito che possa essere insieme auspicio per i nostri lettori, padri o figli che siano, occupati , disoccupati, “esodati protetti” o in attesa di copertura finanziaria con governi un po’ più tecnici di quello recentemente ed inopinatamente dimessosi.

Il primo tema, ed augurio insieme, che poniamo concerne l’immediato superamento di un’alternativa malignamente proposta a cittadini, occupati o disoccupati, madri di bimbi malati, tra diritto alla salute o posto ad un precario diritto al lavoro, malgrado il chiaro dettato della Costituzione.

Il prossimo Governo dovrà garantire, senza decreti-golpe, l’immediato rispetto totale delle leggi sulla salute di tutti i cittadini e con essi i lavoratori, per seguendo penalmente hic et nunc i responsabili dei reati. Insieme e solo attraverso queste garanzie si dovrà rilanciare il diritto al lavoro, senza nessuna scala temporale e senza dazione di danaro pubblico in gestione privata: si veda l’ILVA e non solo essa.

Un altro tema essenziale è quello della garanzia del lavoro, in tutte le sue forme. Lavoratori autonomi e subordinati, professionisti, artigiani, giovani e donne, al nord e soprattutto nel nostro sud, devono avere la garanzia della priorità assoluta del diritto al lavoro sulla pur rispettabile esigenza di protezione del profitto per i più meritevoli e coraggiosi, imprenditori in primis.

Ancora per fermarci qui, da ultimo ma non come ultima priorità: la richiesta e l’augurio di una svolta radicale negli investimenti pubblici. Va bene (forse) la TAV, vanno bene strade e trasporti diversi e rinnovati, ma prima di essi è proprio per essi, innanzitutto si deve investire nella Scuola, nell’Università, nella ricerca pura ed applicata.

Altrimenti il 2013 spingerà lontano dal nostro Paese  giovani cervelli e giovani energie. Ma così non sarà, non dovrà essere.

Gaetano Veneto 


ARE WE GOING UP? ARE WE GOING DOWN?

NO: WE ARE ENTERING THE WORLD OF WORK!

For the New Year our Center will use - as necessary for the serious economic and financial, but also social and moral, moment we are going through - clear words for which, as never before this time, the old lain saying is true: in claris non fit interpretatio.
Today in our country we discuss "dramatically", but in reality is a farce, if policy is to be "down" or "up". Yet it would be enough to use, knowing the Italian, the only word to properly address "enter" (or "quit").
Thus Italy, qualunquemente,worsens. No accident that the protagonist of the film was the first to declare that "getting into politics." Well, clearly, with this message of greetings we ask the "technical", which suddenly found themselves political "Providence", and urge politicians, new or recycled if not scrapped, some basic questions. Wishing that this question is no hope for our readers, child or parent, employed, unemployed, or waiting for government funding with a government little 'more technical than recently and unexpectedly resigned.
The first theme, and hope, we ask concerns the immediate passing of an alternative proposal to maliciously citizens, employed or unemployed, mothers of sick children, including the right to health or to place a precarious right to work, despite the clear wording of the Constitution.
The next government will have to ensure, without decrees coup, the immediate full compliance with the laws on the health of all citizens and their workers, according to the here and now criminally responsible for the crimes. Together, and only through these guarantees will raise the right to work, with no time scale and without the giving of public money into private management: see Ilva and beyond it.
Another critical issue is that of guaranteed work, in all its forms. Workers and self-employed, professionals, artisans, youth and women, especially in the north and our south, need to be assured of the absolute priority of the right to work on the need for protection while respectable profit for the most deserving and courageous entrepreneurs in the first place.
And last but not least: the request and the hope of a radical change in public investment. Okay (maybe) the TAV, are good roads and transport different and renewed, but first an just for them, you must first invest in the School, the University, in pure and applied research.
Otherwise, the 2013 push away from our country's young minds and youthful energy. But it will not, should not be.

Gaetano Veneto
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info@codexa.it (di Gaetano Veneto) Flessibilità e precarietà del lavoro Wed, 16 Jan 2013 15:36:03 +0000
In tema di ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/in-tema-di-ulyteriori-disposizioni-in-materia-di-mercato-del-lavoro.html https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/in-tema-di-ulyteriori-disposizioni-in-materia-di-mercato-del-lavoro.html

IN TEMA DI ULTERIORI DISPOSIZIONI

IN MATERIA DI MERCATO DEL LAVORO

di Tommaso Germano

Articolo pubblicato sulla rivista giuridica telematica www.dirittodeilavori.it, anno VI n. 3, settembre 2012, edita da Cacucci, Bari

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info@codexa.it (di Tommaso Germano) Flessibilità e precarietà del lavoro Thu, 06 Sep 2012 12:22:11 +0000
La concertazione di Monti tra semantica e dramma https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/la-concertazione-di-monti-tra-semantica-e-dramma.html https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/la-concertazione-di-monti-tra-semantica-e-dramma.html

LA CONCERTAZIONE DI MONTI TRA SEMANTICA E DRAMMA

Non solo la sinistra ma il Paese e la democrazia si guardano da Monti

di Gaetano Veneto

Articolo pubblicato sulla rivista giuridica telematica www.dirittodeilavori.it, anno VI n. 3, settembre 2012, edita da Cacucci, Bari

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info@codexa.it (di Gaetano Veneto) Flessibilità e precarietà del lavoro Thu, 06 Sep 2012 11:45:33 +0000
Legge 28 giugno 2012 n. 92 https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/legge-28-giugno-2012-n.-92.html https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/legge-28-giugno-2012-n.-92.html

Legge 28 giugno 2012 n. 92

Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita

(pubblicata sulla G.U. n. 153 del 3-7-2012 - Suppl. Ordinario n. 136)

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info@codexa.it (Administrator) Flessibilità e precarietà del lavoro Wed, 04 Jul 2012 10:58:27 +0000
Una nuova legge e il rispetto della Costituzione https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/una-nuova-legge-e-il-rispetto-della-costituzione.html https://www.csddl.it/csddl/flessibilita-e-precarieta-del-lavoro/una-nuova-legge-e-il-rispetto-della-costituzione.html

MERCATO DEL LAVORO:

UNA NUOVA LEGGE E IL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE

  di Gaetano Veneto

articolo già pubblicato sulla rivista scientifica telematic www.dirittodeilavor.it, anno VI, n. 2, giugno 2012, edita da Cacucci, Bari

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info@codexa.it (di Gaetano Veneto) Flessibilità e precarietà del lavoro Wed, 04 Jul 2012 08:51:48 +0000