Dalla carta all’algoritmo: l’evoluzione digitale della P.A

Premessa

Le potenzialità dei sistemi di intelligenza artificiale in tutti i suoi campi stanno rivoluzionando il modo in cui pensiamo, studiamo, lavoriamo, compriamo, usufruiamo di servizi, e così via.

Nel settore privato l’utilizzo di questa tecnologia è già ampiamente utilizzato, perché le imprese riescono a fornire prodotti e servizi in grado di soddisfare ogni richiesta. Nel settore pubblico, invece, i timori e i rischi connessi ad uno uso improprio e smodato rendono l’avanzamento molto più lento. Tutelare la certezza del diritto e dell’azione pubblica rivestono un carattere di primaria importanza.

Per Intelligenza Artificiale, c.d. Artificial Intelligence (A.I.), s’intende un insieme di processi intellettivi compiuti da un sistema algoritmico, in grado di creare un vero e proprio “pensiero” artificiale autonomo.

In buona sostanza, l’A.I. è l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Alla base dell’Intelligenza Artificiale vi è, infatti, l’apprendimento automatico, il c.d. machine learning, che consente di acquisire in modo automatizzato strategie risolutive e previsionali in base all’esperienza[1].

L’intelligenza artificiale (IA) non è fantascienza: fa già parte delle nostre vite. Si pensi all’utilizzo dell’assistente personale virtuale per organizzare la nostra giornata lavorativa, oppure a viaggiare in un veicolo a guida autonoma o avere un telefono che ci suggerisce le canzoni o i ristoranti che potrebbero piacerci. Ormai l’IA è una realtà fatta di sistemi che mostrano un comportamento intelligente che acquisisce informazioni, analizza il proprio ambiente e compie azioni, con un certo grado di autonomia, per raggiungere specifici obiettivi.

I sistemi basati sull’IA possono consistere solo in software che agiscono nel mondo virtuale (per esempio assistenti vocali, software per l’analisi delle immagini, motori di ricerca, sistemi di riconoscimento vocale e facciale), oppure incorporare l’IA in dispositivi hardware (per esempio in robot avanzati, auto a guida autonoma, droni per il controllo del territorio, o applicazioni dell’Internet delle cose).[2] Utilizziamo l’IA quotidianamente, per esempio per tradurre le lingue, generare sottotitoli nei video o bloccare lo spam delle email ed è per questo che si è ritenuto fondamentale, a livello europeo, dotarsi di un Regolamento.

A giugno di quest’anno, il Parlamento europeo ha approvato in sede plenaria il c.d. Artificial Intelligence Act (o “AI Act”), primo testo di legge per regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale a livello globale. Tale approvazione dà il via alla negoziazione con il Consiglio dell’Unione europea sul testo definitivo.

L’intelligenza artificiale è diventata argomento estremamente controverso. Da un lato, può diventare uno strumento utilissimo nella cura di alcune malattie; dall’altro può essere facilmente sfruttata dai regimi autoritari o anche delle aziende senza scrupoli. L’intelligenza artificiale ha consentito tra le altre cose di recuperare una canzone inedita dei Beatles, ricreando ex novo la voce di John Lennon. Al tempo stesso applicazioni quali Midjourney[3] permettono di creare dal nulla false fotografie. Tuttavia l’uso dell’intelligenza artificiale comporta rischi  e solleva molte questioni di ordine etico e socio-economico.

Per questi motivi e per i timori che l’applicazione dell’IA danneggi la vita dell’essere umano, invece che migliorarla, la Commissione europea ha presentato, circa due anni fa, un testo legislativo nell’intento di catalogare l’uso dell’intelligenza artificiale a seconda dei rischi.

Tra la classificazione ad alto rischio, molti deputati vorrebbero includere i sistemi di intelligenza artificiale che procurano danni significativi alla salute, alla sicurezza, ai diritti fondamentali delle persone e all’ambiente o che sono capaci di influenzare l’esito delle elezioni. Si vorrebbe vietare, soprattutto negli spazi accessibili al pubblico, l’uso di sistemi di identificazione biometrica non solo in tempo reale, ma anche a posteriori (a meno che non ci sia in questo secondo caso autorizzazione giudiziaria). Nel contempo, vuole vietare sistemi di categorizzazione biometrica basati su caratteristiche sensibili (per esempio il genere, la razza, l’etnia, la cittadinanza, la religione, l’orientamento politico); così come sistemi di polizia predittiva.[4]

Questo saggio, partendo dalla novazione, di cui è portatrice l’intelligenza artificiale, vuole evidenziare anche e soprattutto come impatta con la burocrazia amministrativa che dovrà farsi trovare pronta per questa sfida, riuscendone a cogliere opportunità e vantaggi senza precedenti, a fronte di cambiamenti che vanno ben al di là della mera necessità di adattare la Pubblica Amministrazione al passaggio da un’amministrazione della “carta” a una amministrazione che gestisce files e firma digitali, usa il web o i social network, in luogo della “vecchia” documentazione cartacea.

Si tratta di un cambiamento epocale che agisce direttamente sull’organizzazione amministrativa, sul sistema delle regole, sul procedimento amministrativo nella sua struttura e nella sua disciplina; sia sul sistema di imputabilità delle decisioni amministrative (e della responsabilità amministrativa rispetto a tali decisioni che necessariamente ne consegue) e che pertanto non può portare benefici se non è accompagnato da una “rivoluzione culturale” dei fruitori e dei produttori del diritto e che interessa anche la formazione dei giuristi all’interno degli istituti di ricerca, per evitare che tutta questa innovazione sia prerogativa dei tecnici informatici che nulla hanno a che fare con il diritto e la scienza giuridica.[5]

Un processo di cambiamento interpretato unicamente dalla tecnica informatica o dalla conservazione dell’immagine giuridica tradizionale rischia infatti di determinare incomprensioni e ritardi nell’accesso dell’AI nelle PPAA, generando l’allargamento del divario in termini di produttività ed efficienza tra settore privato e settore pubblico.

L’algoritmo e la procedura automatizzata tra dottrina e giurisprudenza

L’algoritmo applicato alla funzione pubblica rappresenta una pietra miliare nell’evoluzione dell’attività della pubblica amministrazione. Per la prima volta, potrebbe essere avviato un percorso di gestione dei dati e dei documenti in possesso degli uffici pubblici finalizzato ad automatizzare il processo decisionale applicando l’Intelligenza Artificiale a vaste aree di attività di routine, ripetitive e standardizzate che, dopo tutto, di solito si traducono in un’attività amministrativa ampiamente standardizzata e senza margine di discrezionalità alcuno.[6]

Quando si pensa alla produzione di un atto amministrativo con una procedura automatizzata è inevitabile chiedersi se un provvedimento amministrativo che viene fuori attraverso l’utilizzo di sistemi elettronici sia compatibile con il concetto di provvedimento amministrativo tradizionale.[7]

Il provvedimento amministrativo è l’atto conclusivo di un procedimento amministrativo, con cui si manifesta la volontà di una pubblica amministrazione, ancorché nell’ordinamento italiano non viene fornita una vera e propria definizione di provvedimento amministrativo. Esprime la volontà della PA e incide unilateralmente nella sfera giuridica del destinatario, attraverso la costituzione, modificazione o estinzione di situazioni giuridiche attive o passive.

Da tale definizione non si rileva alcun impedimento all’uso dell’intelligenza artificiale nell’attività amministrativa, in quanto non vi è un divieto nella scelta del modo da utilizzare per realizzare tale atto. Un provvedimento amministrativo in linea teorica può essere posto in essere sia da una persona fisica, sia da un algoritmo.

Negli anni, l’uso della tecnologia e dell’informatica alla pubblica amministrazione si è tradotto nell’adozione di strumenti altamente automatizzati, quali appunto la programmazione algoritmica, particolarmente utile nelle procedure seriali o standardizzate implicanti l’elaborazione di ingenti quantità di istanze e dati oggettivamente comprovabili. Con questo tipo di programmazione algoritmica, i criteri normativi sottesi alle procedure vengono trasformati in algoritmi che conducono alla decisione finale, attraverso una sequenza predeterminata logica e condizionata predeterminata dal programmatore, ossia dall’amministrazione.[8]

Sin dalla Legge 241/90 il legislatore esprimeva la volontà di incentivare l’utilizzo delle tecnologie informatiche nell’attività amministrativa, per conseguire maggiore efficienza nei procedimenti[9]. Anche con il Codice dell’amministrazione digitale, l’intento è stato quello di incentivare l’uso dell’automazione e degli strumenti digitali, stabilendo che le pubbliche amministrazioni nell’organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, nonché per l’effettivo riconoscimento dei diritti dei cittadini e delle imprese di cui al presente Codice in conformità agli obiettivi indicati nel Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione”.[10]

Anche l’attuale “nuovo” Codice dei contratti pubblici, D.lgs 36/2023, prevede espressamente all’art. 30, rubricato, Uso di procedure automatizzate nel ciclo di vita dei contratti pubblici, che “per migliorare l’efficienza le stazioni appaltanti e gli enti concedenti provvedono, ove possibile, ad automatizzare le proprie attività ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse l’intelligenza artificiale e le tecnologie di registri distribuiti, nel rispetto delle specifiche disposizioni in materia”. L’introduzione della disposizione si è resa necessaria in ragione del criterio di delega di cui alla lettera t), primo comma, della legge n. 78/2022 in cui si prevede, per le stazioni appaltanti, la possibilità di ricorrere anche ad automatismi nella valutazione delle offerte e alla possibilità, non più remota, che siano appunto le macchine ad effettuare la valutazione del pregio tecnico delle offerte dei concorrenti e non già l’uomo in seno alla Commissione giudicatrice.

Si consolidano, quindi, non solo i principi, che si sono da tempo affermati in ambito europeo sul tema dell’utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale ma anche i principi, enunciati dai giudici amministrativi, secondo cui le stazioni appaltanti, in sede di acquisto o sviluppo delle soluzioni tecnologiche, si assicurano la disponibilità, sempre dalla relazione tecnica, “del codice sorgente e di ogni altro elemento utile a comprenderne le logiche di funzionamento; che la decisione assunta all’esito di un processo automatizzato deve considerarsi imputabile alla stazione appaltante” di pari passo, ovviamente, con i principi per cui il processo decisionale non deve essere lasciato interamente automatizzato dovendo assicurarsi il contributo umano per controllare, validare ovvero smentire la decisione automatica e per cui la decisione algoritmica non comporti discriminazioni di sorta.

Da qui la previsione per cui le pubbliche amministrazioni sono tenute ad adottare ogni misura tecnica e organizzativa idonea a garantire che siano rettificati i fattori che comportano inesattezze dei dati e sia minimizzato il rischio di errori, nonché a impedire effetti discriminatori nei confronti di persone fisiche sulla base della nazionalità o dell’origine etnica, delle opinioni politiche, della religione o delle convinzioni personali, dell’appartenenza sindacale, dei caratteri somatici o dello status genetico, dello stato di salute, del genere o dell’orientamento sessuale. La norma chiosa, in un modo non irrilevante, sul modo perentorio che le pubbliche amministrazioni sono tenute a pubblicare sul sito istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”, quindi a rendere conoscibile, l’elenco delle soluzioni tecnologiche utilizzate ai fini dello svolgimento della propria attività amministrativa.[11]

Il ricorso alle procedure automatizzate con gli algoritmi, per i processi decisionali della PA, ha interessato fortemente anche la giustizia amministrativa che ha cercato di delineare i criteri e le modalità per l’adozione di questi nuovi strumenti digitali, il cui utilizzo si sostanzia nella metodologia prescelta nel procedimento amministrativo, quindi come una modalità organizzativa dell’attività amministrativa.[12]

Però, il procedimento amministrativo informatico per essere conforme ai principi di buon andamento imparzialità ed economicità della Pubblica Amministrazione, deve garantire la possibilità di conoscere e di sindacare l’algoritmo utilizzato.[13]

Solo così, secondo il giudice amministrativo, è possibile sostenere che tali procedure costituiscano una doverosa declinazione dell’art. 97 Cost., coerente con l’evoluzione tecnologica, volta a conseguire riduzione dei tempi del procedimento, interferenze dovute alla negligenza e/o imperizia dei funzionari pubblici.

In ognicaso, il ricorso alle procedure automatizzate, in grado  di giustificare e motivare la decisione assunta dal punto di vista sostanziale, cioè del contenuto, che della forma, cioè del procedimento,[14] non deve essere motivo di elusione dei principi posti alla base dello svolgimento dell’attività amministrativa, perché la regola tecnica che sovraintende l’algoritmo resta pur sempre una regola amministrativa dettata dalla prescrizione della norma da attuare e creata dall’uomo e non arbitrariamente dalla macchina, che è semplicemente lo strumento per applicarla.

E’ così che l’algoritmo continua a possedere valenza giuridica e amministrativa, anche se declinata, appunto, in forma matematica. Per tale ragione, anche la regola tecnica fondata sugli algoritmi continua a soggiacere ai principi generali dell’attività amministrativa di pubblicità e trasparenza, nonché di ragionevolezza e di proporzionalità, ai sensi della normativa sul procedimento amministrativo

Quindi se da una parte, i giudici amministrativi incoraggiano, dunque, l’ingresso delle tecnologie informatiche nei procedimenti amministrativi, incluso l’utilizzo di algoritmi che consentono alla pubblica amministrazione di meglio conformarsi ai canoni di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, nonché di ottemperare al principio costituzionale del buon andamento, che impone di utilizzare i minori mezzi e risorse possibili per il raggiungimento dei fini individuati dalla legge consentendo anche l’esclusione dell’intervento del funzionario purché siano rispettati i principi dell’attività amministrativa; dall’altra risulta chiaro che l’utilizzo di procedure “robotizzate” non può rappresentare una modalità atta a porre in essere pratiche elusive delle norme di legge, perché l’uso dell’automazione nella p.a. non può mai sostituirsi all’attività cognitiva e di giudizio, cioè alla composizione di interessi che solo un’istruttoria affidata ad un funzionario persona fisica è in grado di svolgere.[15]

Per questo, secondo copiosa giurisprudenza amministrativa, l’utilizzo del procedimento automatizzato nella p.a. è sempre possibile a condizione che si possa individuare il centro di imputazione e di responsabilità, e che non assuma carattere discriminatorio, e che l’algoritmo sia conoscibile, comprensibile e sindacabile.[16] E cioè che l’algoritmo applicato al procedimento amministrativo:

  • sia conoscibile ex ante in tutti i suoi aspetti e da chiunque ne abbia interesse e per cui il principio di trasparenza deve, quindi, essere declinato in maniera più rigorosa, posto che è in gioco un linguaggio differente da quello giuridico; che è necessario verificare se gli esiti del procedimento informatico, le modalità e le regole con cui è stato impostato sono conformi alle prescrizioni e alle finalità stabilite dalla legge o dalla amministrazione. Pertanto, il procedimento amministrativo è illegittimo se il funzionamento dell’algoritmo non è conoscibile e comprensibile;
  • sia comprensibile nel senso che l’algoritmo sia soggetto ex post alla piena cognizione e al pieno sindacato del giudice. Si tratta di garantire non solo il diritto di difesa dei cittadini, così come sancito dall’articolo 24 della Costituzione, ma anche un principio di uguaglianza: al giudice deve essere consentito di sindacare la logicità e la ragionevolezza della decisione amministrativa robotizzata. La stessa deve permettere al giudice di valutare la correttezza delle prescrizioni che la stessa amministrazione si è data a monte del procedimento, in specie quando si tratta di un’attività amministrativa di tipo discrezionale.

Con l’intelligenza artificiale, l’algoritmo non si sostituisce al pubblico funzionario responsabile del procedimento, ma è quest’ultimo che rende il procedimento celere efficace ed efficiente l’azione amministrativa servendosi dell’algoritmo.[17]

Opportunità e rischi. La costruzione di un’intelligenza artificiale affidabile

Se è vero che l’intelligenza artificiale è foriera di innumerevoli opportunità di applicazione di questo tipo di tecnologia a diversi settori come la scienza, la medicina, il diritto e la sicurezza pubblica, è altresì vero che una siffatta tecnologia così potente, incute timore e paure per i rischi e gli effetti negativi che potrebbe avere sulla vita dell’uomo, per il cattivo utilizzo, soprattutto se applicate per la diffusione di contenuti falsi o pericolosi.

Da una parte le opportunità per i cittadini come una migliore assistenza sanitaria, automobili e altri sistemi di trasporto più sicuri e anche prodotti e servizi su misura, più economici e più resistenti. E ancora, l’intelligenza artificiale potrà essere usata come strumento predittivo, nella prevenzione dei reati e come ausilio nella giustizia penale, perché premetterebbe di elaborare più velocemente grandi volumi di dati, valutare con più accuratezza i rischi di fuga dei detenuti, prevedere e prevenire crimini e attacchi terroristici. Oppure vantaggi per le imprese come lo sviluppo di una nuova generazione di prodotti e servizi, anche in settori in cui le aziende europee sono già in una posizione di forza come l’economia circolare, l’agricoltura, la moda e il turismo, attraverso percorsi di vendita più fluidi e ottimizzati, migliorare la manutenzione dei macchinari, aumentare sia la produzione che la qualità, migliorare il servizio al cliente e risparmiare energia.

Dall’altra, però i rischi risultano piuttosto elevati. Risulta assai fondata la minaccia ai diritti fondamentali e alla democrazia, visto che molto dipende dalla capacità di progettare l’algoritmo e dai dati che vengono immessi. Ad esempio, alcuni aspetti importanti potrebbero non essere programmati nell’algoritmo o potrebbero essere programmati per riflettere e perpetuare delle distorsioni strutturali. Infatti, se non bene programmata l’IA potrebbe condurre a decisioni riguardo a un’offerta di lavoro, all’offerta di prestiti e anche nei procedimenti penali, influenzate dall’etnia, dal genere, dall’età. Un altro pericolo è dato dall’uso per creare immagini, video e audio falsi ma estremamente realistici che possono essere utilizzati per ingannare, raggirare, per truffare, rovinare la reputazione e mettere in dubbio la fiducia nei processi decisionali.

E’ anche l’abuso dell’intelligenza artificiale esprime un grande rischio, come l’utilizzo per problemi per cui non è adatta, come per spiegare o risolvere complesse questioni sociali.[18]

Per affrontare le ansie e la paure che l’uso dell’intelligenza artificiale procura, la Commissione europea ha istituito nel 2019 l’Alleanza per l’IA[19], formata da 4.000 stakeholders (cittadini, imprese, studiosi) di discutere delle implicazioni tecnologiche, sociali, economiche e scientifiche dell’IA, con l’obiettivo di individuare i requisiti fondamentali che le applicazioni di intelligenza artificiale dovrebbero soddisfare per ritenersi affidabili, perché solo in questo modo può portare molti benefici, quali migliori cure sanitarie, trasporti più sicuri e puliti, processi di produzione più efficienti ed energia più economica e sostenibile.

Per essere considerati affidabili i sistemi di intelligenza artificiale devono tradursi in strumenti utili alle persone e come tali devono essere rispettosi dei diritti fondamentali dell’essere umano. Ancora, devono garantire l’utilizzo di algoritmi sufficientemente sicuri da essere resilienti sia agli attacchi palesi sia a tentativi subdoli di manipolazione dei dati.[20] Strettamente connessa alla gestione delle informazioni c’è la necessità di garantire una corretta riservatezza e protezione dei dati utilizzati dai sistemi in tutte le fasi di vita dell’IA e registrare e documentare tutte le decisioni adottate dai sistemi, in modo tale da rendere spiegabile il processo decisionale sviluppato dall’algoritmo.

La Commissione propone nuove norme per garantire che i sistemi di IA utilizzati nell’UE siano sicuri, trasparenti, etici, imparziali e sotto il controllo umano. Pertanto, ai fini dei diritti e della sicurezza dei cittadini, i sistemi di IA si ritengono affidabili secondo una scala graduale di rischi, secondo la classificazione di inaccettabile, alto, limitato e minimo.

Agli esordi dell’utilizzo della intelligenza artificiale nella P.A. in Italia

L’obiettivo che l’Italia si propone è quello di potenziare il sistema, attraverso la creazione e il potenziamento di competenze, programmi di sviluppo e messa in opera dell’IA, al fine di rendere il nostro Paese un centro sull’intelligenza artificiale competitivo a livello globale, rafforzando la ricerca e incentivando il trasferimento tecnologico. [21]

L’uso dell’automazione nella p.a., tuttavia, ha dimostrato casi di successo ed evidenti clamorosi insuccessi dovuti spesso a una errata costruzione del modello o a una scelta sbagliata dei dati sulla base dei quali opera l’algoritmo per la produzione di un determinato risultato.

A titolo esemplificativo, ricordiamo il caso di qualche tempo fa, in cui fu utilizzato un algoritmo per attribuire le cattedre nel concorso degli insegnanti, e che fu però oggetto di ricorso al TAR e al Consiglio di Stato. [22]

Un uso molto praticato dell’IA è quello relativo alla presenza di software che interagiscono con l’essere umano per suggerire azioni ed erogare servizi, o accompagnarlo nella compilazione assistita di un modulo, di una richiesta. L’input recepito ed elaborato dall’algoritmo è in linguaggio naturale, scritto o parlato. E’ il caso dei c.d. “assistenti virtuali” o anche “chatbot”.

Molti Comuni producono certificazioni attestati, dichiarazioni attraverso l’assistente virtuale che guida il cittadino nella istanza da comporre per il servizio richiesto.

L’obiettivo di questi strumenti è quello di rendere più accessibili i servizi pubblici da remoto, senza recarsi fisicamente negli uffici, attraverso l’interazione con il cittadino, l’utente del servizio, gli stakeholder della PA, imprese e professionisti, fornendo risposte veloci a domande semplici o ripetitive, e stimolando anche la proattività e l’arricchimento virtuoso della conoscenza.

L’INPS, per esempio, ha dimostrato come l’uso dell’algoritmo ha permesso di lavorare da remoto senza alcun cartaceo accelerando i tempi di evasione di una istanza anche durante il periodo del Covid. Infatti, l’Istituto di previdenza ha utilizzato e applicazioni di Intelligenza Artificiale per funzioni di “back office”, con il protocollo automatico delle istanze ricevute per PEC, generando così efficienza nell’azione pubblica  e ricadute ampiamente positive nell’erogazione dei servizi.

Il tutto può riassumersi in una amministrazione pubblica che dà risposte più velocemente ai cittadini, la fine delle lunghe code agli sportelli, l’elevato risparmio di carta, e ancora non di poco conto è l’opportunità dei dipendenti di non ridursi a smistare e protocollare documenti ma ad investire sulle proprie competenze in attività a più valore aggiunto, per un lavoro più qualificante a risparmio anche di tempo.

Conclusioni

L’analisi si sforza di dimostrare il potenziale beneficio che l’intelligenza artificiale può apportare alla funzione e all’attività pubblica, seppur con cautela, attenzione e affidabilità nell’uso dell’algoritmo nel procedimento amministrativo.

La macchina intelligente è in grado di stravolgere il modo in cui i cittadini/utenti pensano la pubblica amministrazione e come questa sarà in grado di semplificare i procedimenti per una fruizione di prodotti e servizi precipui per la collettività. Tanto è vero  che l’uso dell’I.A. nella burocrazia e nell’attività della pubblica amministrazione apre alla “nuova rivoluzione delle macchine”[23], che determina un ripensamento anche degli istituti giuridici classici dei principi dell’azione amministrativa e delle regole di funzionamento della p.a., oltre che dell’intero procedimento amministrativo.

L’I.A. può essere strumento di soluzione dei problemi di efficienza ed efficacia nelle procedure amministrative e possono ridurre tempi e costi e migliorare i servizi forniti dalle pubbliche amministrazioni.

Tuttavia, molte perplessità permangono. Il cittadino, a ragione, teme gli possa essere negata la possibilità di far valere i propri diritti di fronte all’asettico oggettivo e categorico processo decisionale algoritmico.

E ancora, dall’uso dell’algoritmo, emerge il difficile rapporto tra intelligenza artificiale e diritto, che dovrà essere ben governato e guidato dall’uomo con fermezza, specie nell’approccio etico di trasparenza e legalità.

Invero, l’uso della macchina intelligente crea un nuovo rapporto tra le dinamiche del procedimento amministrativo e i principi di legalità, in considerazione di questa commistione tra norma giuridica e algoritmo, modificando il rapporto tra amministrazione e funzionario intriso dell’uso delle macchine incidenti nella decisione finale e nell’assunzione di determinazioni nell’interesse della p.a.

Si tratta di un passaggio, di cui nessuno sa valutarne con precisione la portata di benefici e rischi, epocale da un sistema giuridico amministrativo incentrato sull’essere umano e sul rapporto intuitus personae e di fiducia tra amministrazione e funzionario, a nuovo rapporto tra p.a. funzionario, algoritmo e macchine intelligenti[24]

Per questo resta irrisolta la questione di quale e quanto spazio possa e debba occupare l’intelligenza artificiale nell’attività amministrativa a garanzia di una buona amministrazione non più incentrata sui dipendenti, funzionari ed impiegati, ma bensì su formule, algoritmi ed artifizi intelligenti.

La questione è tutt’altro che definita, il dibattito resta aperto.

[1] G. Orsoni, E. D’Orlando, “Nuove prospettive dell’amministrazione digitale: Open Data e algoritmi” in Istituzioni del Federalismo – Rivista di studi giuridici e politici, n. 3/2019, pag. 603.

[2] Comunicazione della Commissione, L’intelligenza artificiale per l’Europa, Commissione Europea, COM(2018) 237 final, Bruxelles, 25.4.2018.

[3] Si tratta di una piattaforma online di intelligenza artificiale, autofinanziata e indipendente, in grado di creare immagini a partire da un input, un testo. “ Midjourney” è un laboratorio di ricerca indipendente che esplora nuovi mezzi di pensiero ed espande i poteri immaginativi della specie umana.

[4] Articolo integrale pubblicato su Il Sole 24 Ore del 15 giugno 2023

[5] Cfr, L. Bennett Moses, The Need for Lawyers, in The Future of Australian Legal Education, Thomson Reuters, 2018, cap. 22.

[6] Cfr. Diana-Urania Galetta, Juan Gustavo Corvalán, Intelligenza Artificiale per una Pubblica Amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto, sta online www.federalismi.it num. 3/2019, 6 febbraio 2019, pag. 11.

[7] Cfr. I.M. Delgado, Automazione, intelligenza artificiale e pubblica amministrazione: vecchie categorie concettuali per nuovi problemi?, sta in  Istituzioni del federalismo n. 3 (2019), pag. 643.

[8] Cfr. L. Viola, L’intelligenza artificiale nel procedimento e nel processo amministrativo: lo stato dell’arte, sta in “Federalismi.it”, Rivista di diritto pubblico italiano e comparato, europeo del 7.11.2018.

[9] L’art. 3 bis della legge 241/90 per una maggiore efficienza prevede che “le amministrazioni pubbliche agiscono mediante strumenti informatici e telematici, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati”.

[10] Cfr. Decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005, art. 12.

[11] Cfr. Relazione agli articoli e agli allegati del Codice dei contratti pubblici, art. 30, pagg. 48-49.

[12] Cfr. TAR Lazio-Roma, Sez. III-bis, 22/03/2017, n. 3769.

[13] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 08.04.2019, n. 2270.

[14] Cfr. Diana-Urania Galetta, Juan Gustavo Corvalán, Intelligenza Artificiale per una Pubblica Amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto, sta online www.federalismi.it num. 3/2019, 6 febbraio 2019, pag. 14.

[15] Cfr. Consiglio-di-Stato, Sez. VI, 8 aprile 2019 n. 2270.

[16] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.12.2019, n. 8472.

[17] Cfr. Diana-Urania Galetta, Juan Gustavo Corvalán, Intelligenza Artificiale per una Pubblica Amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto, sta online www.federalismi.it num. 3/2019, 6 febbraio 2019, pag. 17.

[18] Cfr. Quali sono i rischi e i vantaggi dell’intelligenza artificiale ?, sta in Articolo del 28/06/2023, Parlamento europeo, Direzione generale della Comunicazione, online Quali sono i rischi e i vantaggi dell’intelligenza artificiale? | Attualità | Parlamento europeo (europa.eu)

[19] Cfr. https://digital-strategy.ec.europa.eu/it/policies/european-ai-alliance

[20]Cfr. https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/europe-fit-digital-age/excellence-and-trust-artificial-intelligence_it.

[21] Cfr. Giuliana Maragno, Intelligenza Artificiale e pubblica amministrazione, a che punto siamo? L’indagine, 27 Gennaio 2021, sta online https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/intelligenza-artificiale-nella-pa-applicazioni-ed-esempi-da-seguire/.

[22] Cfr. Consiglio-di-Stato, Sez. VI, 8 aprile 2019 n. 2270.

[23] Cfr. Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee, La nuova rivoluzione delle macchine. Lavoro e prosperità nell’era della tecnologia trionfante, Feltrinelli, 2017

[24] Cfr. Diana-Urania Galetta, Juan Gustavo Corvalán, Intelligenza Artificiale per una Pubblica Amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto, sta online www.federalismi.it num. 3/2019, 6 febbraio 2019, pag. 21.