IL CENTRO STUDI E LA SUA RIVISTA

LA RIPRESA DOPO UNA TRAGICA PANDEMIA ED UNA GUERRA

(TRAGEDIA O FARSA BIPOLARE CON RICADUTA INTERNAZIONALE?)

LE RAGIONI DI UN AMPLIAMENTO DI ORIZZONTI E TEMI

Cari Lettori, Amici e Soci del Centro,

dopo oltre un anno di sospensione del lavoro e delle attività del Centro Studi di Diritto dei Lavori, dell’Ambiente e della Sicurezza e, come vedremo più avanti, di altre branche del lavoro umano, anche le più nuove e lontane, con questo Editoriale potremo riprendere il filo del discorso con il classico e lapidario Esergo dei classici latini: Heri dicebamus.

IL CONTESTO

Per ritessere la tela strappata così a lungo, per varie ragioni, si riporta, in stralcio, quanto scritto nell’Editoriale del primo numero di questa Rivista, a metà del 2007 per esporre, in sintesi, contenuti e prospettive di questo faticoso ma, per noi, stimolante e vitale tentativo di coinvolgimento di intelletti e coscienze su questo tema universale: il lavoro.

Chi siamo? Perché questa Rivista? Attorno a chi scrive, da molti anni ormai, liberamente, pur se in stretto ma non “clientelare” contatto con l’Università Barese, un gruppo di cultori, della parola, avvocati, giovani ricercatori liberi, magistrati, funzionari pubblici (Ministeri del Welfare, della Giustizia, altre Amministrazioni pubbliche) discutono, scrivono, partecipano a convegni, pubblicano, su supporto cartaceo, contributi su tematiche del nuovo e più ampio Diritto del Lavoro, quello “dei lavori” come ormai, da oltre un decennio, con felice formula si sintetizza tutta la problematica connessa ad ogni forma di espressione regolamentata del lavoro nella società moderna….. La scelta della rivista on line è quasi ovvia anzi, forse, necessitata: se è vero, come è vero, che la stampa quotidiana e periodica Nord Americana e Nord Europea, in questi ultimi mesi, a partire dalla fine dello scorso gennaio 2007, ha intonato il suo de profundis, dando per scontato che nei prossimi 10 – 12 anni i supporti cartacei dell’informazione resteranno veri e propri ruderi e insieme prodotti da “proteggere” come memoria storica, a fronte della diffusione generalizzata dell’informazione, dello studio e della ricerca sempre più esclusivamente on line, allora la nostra scelta non poteva essere diversa.”

Quindici anni hanno confermato le “ragioni di una presenza” oggi su queste tematiche, sempre più pressanti nella società capitalistica, giunta ad un bivio pericoloso e difficile con canoni rapidamente modificati dall’assetto geo-politico-economico del Pianeta ad Occidente come, soprattutto, nel frastagliato Oriente. Non a caso nell’ultimo Editoriale del numero cartaceo dell’aprile 2020, scrivevamo: “Quest’anno, con la sua improvvisa apparizione, già nei primi giorni di febbraio, una nube sembra diffondersi e svilupparsi su tutti i cieli dei Paesi, dalla Corea al Giappone, dalla lontana Cina fino a giungere in Europa, in Italia in particolare, e fino alle lontane Americhe, quella di un’epidemia che sembrerebbe assumere addirittura la forma pandemica. Così passano in second’ordine i gravi problemi che affliggono inesorabilmente tutto il mondo, se non affrontati immediatamente: il pauroso disastro ambientale, insieme alla crescente, amara ed indegna, sempre più grave contrapposizione fra grandissimi (pochi) ricchi ed immense folle di indigenti, con le conseguenti incontrollabili migrazioni, diventano solo occasioni di convegni di studio e, peggio, valido terreno di coltura per operazioni politiche e giri di valzer di piccolo cabotaggio.”

I due richiami ai precedenti Editoriali permettono di aprire una parentesi che potrà servire da sfondo e riferimento per quanto in seguito affronteremo nel presentare contenuti nuovi e strumenti conoscitivi, il meno possibile viziati e deviati da un’informazione scritta, oggi, sempre più, “pilotata”, da messaggi deviati e fake news, da trattare con attenzione e confermato senso di responsabilità. Questo, per poter riprendere con impegno e passione ad occuparci del Centro e della Rivista, in modo approfondito come stiamo cercando di fare con questo Editoriale, a fronte di un biennio di grandi, ed anche tragiche, novità, caratterizzate dal momento storico e dagli assetti globali, economici e sociali, interni ed internazionali, che appaiono travolti funditus dalla guerra in Ucraina.

In un’intervista apparsa, qualche settimana fa, su di un organo di stampa nazionale nel nostro Paese, il linguista e politologo Noam Chomsky, guru dei democratici radical-marxisti statunitensi, ha offerto una dura, ma incontestabile, chiave di lettura dell’attuale conflitto di cui è difficile vedere la conclusione, ed impossibile determinare i devastanti effetti economici e sociali, specie per i Paesi più deboli e più poveri. La sentenza è chiara: “Mosca è decaduta, Washington è in decadenza”. Tranchant, ma incontestabile. Al grande politologo statunitense – (e sarebbe ora di usare debitamente e correttamente questo termine al posto dell’abusato e scorretto aggettivo “americano” molto più vasto ed onnicomprensivo, concernendo oltre 500 milioni di anime, tutti gli “americani” delle tre Americhe, Nord, Centro e Sud, dai canadesi ai messicani, dai boliviani o venezuelani agli argentini, ai cileni e agli oltre 200 milioni di brasiliani…) – sfugge solo che il terzo soggetto determinante negli equilibri internazionali è la Cina, non certo interessata, almeno per ora, a questo sanguinoso autodafé tra due potenze, sempre più del passato, e restie o incapaci di rinnovarsi nei valori, ormai solo di ispirazione capitalistica, nelle istituzioni e nella gestione della politica di potere in campo internazionale.

Nell’intervista a Chomsky viene proposto un parallelo, invero stimolante – nell’inquadrare e leggere il conflitto russo-statunitense, con la guerra che per secoli vide contrapposti l’Impero Romano all’Impero Persiano… Allora come ora! L’ex Impero Russo, storicamente improbabile e pertanto improponibile, consuma ora le sue energie, in una pseudo guerra artatamente alimentata attraverso un… interposto dittatorello ucraino, da un altro, il reale avversario, gli Stati Uniti, ormai ex-Impero che vede ridotta la sua leadership mondiale, svuotati gli antichi valori di democrazia capitalistica con un sempre più ridotto spazio nella gestione della finanza mondiale. Una guerra… verso lo sfinimento. Nel primo caso, romani contro persiani, l’equilibrio si spezzò con la vittoria dei Romani, ma in realtà l’unico risultato storicamente rilevante fu la grande diffusione dell’Islamismo, terzo grande e fresco protagonista sulla scena mondiale, col tracollo dei due contendenti ormai esangui. Proseguendo nell’analogia, potrà comprendersi perché la Cina non è oggi impegnata, in prima persona, in attesa com’è, restando seduta sul fiume… della storia, aspettando che passino e finiscano… nel mare degli eventi, i due ex grandi imperi.

Questo “contesto” – ha determinato l’implosione e la modifica di modi di produrre, di generare profitto, di piegare al consenso, più o meno drogato, volontà di interi stati e popolazioni: non poteva, questo contesto, che condizionare anche il respiro, il ruolo ed i contenuti di Centri e Riviste nate, come la nostra, per studiare e vivere i cambiamenti epocali.

Il nostro pensiero, nello sforzo di raccogliere il contributo di intelletti e culture sempre meno lontane, va all’esigenza di quanto suggeritoci da grandi intellettuali dei quali, con il dovuto interesse, si celebra il centenario della nascita in quest’anno di pandemie e guerre. Pierpaolo Pasolini, un intellettuale “luterano” ed insieme “clerico vagante” di una cultura italiana del Secondo Novecento, nella “Lettera luterana” ad Italo Calvino, pubblicata su “Il Mondo” del 30 ottobre 1975, il giorno prima della sua morte e ripubblicata postuma nel 1976 nel volume Lettere Luterane, concludeva, more solito profeticamente, una dolente ed amara analisi su funzioni e ruoli degli intellettuali: “Oggi pare che solo platonici intellettuali…magari privi di informazioni ma certamente privi di interessi e complicità, abbiano qualche probabilità di intuire il senso di ciò che sta veramente succedendo: naturalmente però a patto che tale loro intuire venga tradotto – letteralmente tradotto – da scienziati anch’essi platonici, nei termini dell’unica scienza la cui realtà è oggettivamente certa come quella della Natura, cioè l’Economia Politica”.

Il riferimento all’oggettività dell’Economia (scritta con la maiuscola significativamente come chiave di lettura oggettiva della vita degli uomini) appare, specialmente oggi un po’ “platonico”. Era, per il grande e controverso scrittore, un tentativo di cercare una interpretazione “vera”, o almeno credibile, della realtà in quegli anni, allora come ora, complessa e ricca di contraddizioni. Allora gli intellettuali cercavano, imbevuti ed arricchiti dai valori della Resistenza, riversati poi nella Costituzione repubblicana, di interpretare il decennio precedente, quello forse più vivo e fertile dopo metà degli anni ’60 ed i primi anni dei ’70, che avevano portato l’Italia a collocarsi nei primi posti di un capitalismo, venato di istanze neo-liberali, quando non socialiste e, comunque, democratiche.[1]

Allora, come ora. In realtà, riallargando il quadro e le conseguenti valutazioni, può ben dirsi che gli equilibri all’interno del sistema capitalistico “democratico” – con molte crepe sempre più evidenti da un lato, autocratico dall’altro, se non plutocratico e, nel caso del “continente” Cina, neo-comunista, con regime burocratico – hanno arricchito e confuso uno scenario che, dal grande politologo statunitense Chomsky, è stato fotografato e “congelato”, con riferimento solo alla fine dello scorso secolo. Lo svolgimento dell’ultimo ventennio, invece, ci porta oggi a cercare di ricostruire ruolo, compiti e capacità di nuotare nel mare magnum, molto agitato dell’oggi, così da ricostruire, giustificando e insieme superando, la trahison de clers che Julien Benda attribuì ai “chierici”, intellettuali negli Anni ‘27-’30, durante e appena prima dell’infame degenerazione fascista e nazista nel nostro Continente. E noi, con il nostro Centro e con la nostra Rivista, appresa la lezione ed attualizzatala, non vorremmo essere i “chierici traditori” del terzo millennio, passivamente ed acriticamente trascinati dal fiume della Storia.

DAL CONTESTO ALLA RIVISTA ED AI COMPITI DEL CENTRO RINNOVATO

Dal quadro molto articolato ed incerto, nelle tinte e nei contenuti sopra esposti, si è cercato di ricavare alcune guidelines che hanno permesso di selezionare e proporre i primi fra i molti ed interessanti contributi pervenuti in questo biennio alla Redazione, anch’essa rinnovata, ed al Comitato Scientifico, profondamente modificato ed arricchito di nuove Firme, non solo legate al Diritto del Lavoro, ma più aperte alla cultura umanistica e scientifica, nonché a mondi, oggi sempre più ampi ed interessanti, per il lavoro umano e le prospettive del nuovo homo faber.

In sintonia e cercando di inserirci con coerenza nel “contesto” precedente, nonché per giustificare i mutamenti e la rigenerazione del Centro e della Rivista, il numero si apre, con il saggio sull’impresa, più specificamente l’impresa industriale, all’interno della quale si assiste alla progressiva “erosione” dei diritti della parte più debole nel rapporto di lavoro subordinato. Il saggio, ci viene offerto da Nicola De Marinis, antico collaboratore del Centro e della Rivista, un tempo valido accademico, oggi impegnato Magistrato tra gli “ermellini” della Cassazione, ricostruisce il difficile equilibrio fra poteri e diritti contrapposti tra datore di lavoro e lavoratore, anch’esso sempre più mutevole nel suo ruolo ed attività. Il lavoro è rigorosamente scritto con arricchimenti di dottrine e giurisprudenza, secondo i “canoni” dei contributi scientifici nel campo umanistico e del diritto del lavoro stricto sensu.

Segue un secondo saggio, anch’esso impostato secondo i canoni della scientificità per una Rivista come la nostra, che insieme però cerca la nuova strada più onnicomprensiva, quella dell’analisi dei lavori, più esplicitamente e dolorosamente impostato sugli effetti dello squilibrio sopra accennato, e cioè sulla “ingiusta prevalenza”, che affronta il noto e grave tema dell’amianto (o asbesto), fibra usata nell’industria per secoli, con la tolleranza e la copertura, comunque nel silenzio di scienza, dottrina e giurisprudenza, fino a qualche decennio addietro. L’Autore è l’Avv. Ezio Bonanni, anch’egli già collaboratore impegnato nel Centro e nella Rivista, nonché presidente dell’ONA, il grande Osservatorio sull’amianto: l’A. presenta un articolato lavoro anche con riferimenti storici e nel contesto internazionale, completato ed arricchito da una nota dell’Avv. Emanuela Sborgia, penalista e lavorista.

Segue un terzo tema, un saggio sullo smart-working. È la punta di un iceberg che si scioglie, quello di un lavoro nuovo, impropriamente e parzialmente, nella nostra lingua tradotto come “lavoro a distanza” ma, in realtà, più ampiamente definibile come lavoro “ibrido”, nel quale dipendenti e “datori di lavoro” trovano soluzioni, nella prestazione lavorativa, che conciliano sempre più il loro spazio lavorativo e di vita con quello personale. Il contributo è offerto da Pasquale Maiorano, Ingegnere Informatico, dirigente sindacale ed attualmente fra gli impegnati collaboratori della nuova Redazione, in una lettura che sempre più allarga il suo spazio in questa rivoluzione post-industriale ancora tutta da definire ed inquadrare.

Quasi per un contrappasso dantesco, si è ritenuto di proporre, a fronte dello smart-working, un saggio, breve ma provocatorio, sul lavoro “primario” dell’uomo, il lavoro nell’agricoltura, più esattamente sulla patologia dello stesso. Giulio D’Imperio, docente universitario e libero professionista impegnato, analizza cause ed effetti di questa piaga che turba gli equilibri economici e sociali nel Mezzogiorno del nostro Paese. Il tema è sempre più attuale anche per emigrazioni dovute, sempre più, a grandi tensioni e guerre, come nel caso odierno per l’Europa orientale, con ricadute tutte da approfondire sugli equilibri economico-sociali e soprattutto sui – estremamente e incontrollati, ma pur necessari – riassetti demografici in paesi in crisi istituzionali.

Infine, a completamento e giustificazione delle nuove aperture del Centro e della Rivista, si presenta un lavoro sui nuovi confini nella cura fisica dell’uomo, la medicina nel campo accademico e, soprattutto, nell’organizzazione e gestione delle prestazioni medico-sanitarie a supporto dell’assistenza medica. Antonio Esposito, docente universitario ed attivo operatore ed esponente della Società Scientifica AITIC, offre, nel suo breve ed articolato contributo, il quadro di una figura tipica di Tecnico Sanitario in un laboratorio biomedico, proponendo l’occasione di “aprire gli occhi” sulla fioritura e lo sviluppo di nuove professioni, funzionali alla nuova realtà di vita, di relazioni e di lavoro dell’uomo, particolarmente e, per antonomasia, nel campo della sanità.

CONCLUSIONI

In conclusione della presentazione del primo numero della Rivista, di cui si auspica la ripresa periodica non più interrotta da eventi cui resisti non potest, abbiamo voluto cogliere l’occasione per ampliare ulteriormente i nostri orizzonti di lavoro e di interesse. Da oggi il nostro Centro Studi – accogliendo un invito ed insieme una ripresa alla collaborazione antica tra lo scrivente e gli operatori del mondo dello sport, nel quale ormai girano interessi, persone, nuove professionalità e, soprattutto, decine, centinaia di milioni di euro, con la sua punta di diamante il calcio – dagli operatori tecnici o amministratori agli agonisti, sempre più “professionisti” e pertanto legati da contratti di vario tipo, e servizi funzionali alla sua vita e allo sviluppo – ha chiesto di approfittare della nostra tribuna per approfondire, discutendo norme e regolamenti, analizzando giudicati di organismi giurisdizionali o amministrativi sui temi di questa realtà, con una partecipazione anche diretta. Trattandosi di un mondo in rapido sviluppo, con enormi e non ancora ben delimitati spazi economici per il nostro e per tutti gli altri Paesi, Europei e non, il Centro Studi  ha accettato l’offerta, inserendo anche nel Comitato Scientifico e nella Redazione della Rivista, due esponenti di primissimo piano, per rappresentatività e spessore culturale, del mondo del calcio, preannunciando dei prossimi contributi nonché una selezione di giurisprudenza e/o documenti ufficiali della Giustizia e degli Organi amministrativi decisionali federali  del calcio professionistico.

Per ora, grazie alla AIC (Associazione Italiana Calciatori) e al nostro redattore Mario Assennato che ha collaborato attivamente a questa apertura ad un mondo del lavoro, meglio “dei lavori”, sempre più ampia e stimolante, in attesa delle pubblicazioni ad esso concernenti.

Last, but not least, ecco alcune novità che, per scelta di ampliamento di orizzonti di conoscenza sempre più necessari, caratterizzeranno, l’ ”albero del lavoro”, ragione e motivo della nostra scelta.

La nostra Rivista ha scelto la strada dell’ampiamento anche nel Comitato Scientifico, nonché nel Centro Studi a studiosi del campo umanistico lato sensu, per rafforzarla ed innovarla profondamente, sia nella scelta degli argomenti, sia nei contributi dedicati agli stessi, con iniziative o saggi, nello sforzo di offrire sempre qualcosa che possa avere il crisma della “verità”. Così si giustifica la collaborazione di Annalisa Paradiso, antichista, studiosa cosmopolita, ora componente del rinnovato Comitato Scientifico e della nostra Rivista, che, con i suoi primi “asterischi” (o “stelloncini”, come anche possono definirsi), offre brevi flash illuminanti. Questi, operano uno “stacco” tra uno e altro argomento degli articoli, cercando di inculcare attimi di riflessione, magari alleggerendo l’altrimenti forse gravoso peso dei saggi proposti in questo numero.

Sia permesso, tra gli “asterischi”, segnalarne uno che, ricordando la figura di Gino Strada, anche come generosa e politicamente, a suo modo impegnata, appare l’espressione dell’intellettuale che spende le sue energie nell’unica vera “guerra”, senza armi, combattuta per quei valori solidali, universali, base ed espressione della solidarietà umana, oggi rilanciata dal Soglio di Pietro, con l’inascoltata voce di Papa Francesco. Il tutto con il respiro della cultura dei secoli addietro.

Altre collaborazioni, di questo tipo e di questa valenza sono già in arrivo ed il nostro Centro e la nostra Rivista ne trarranno beneficio, insieme con tutti i Soci, i lettori ed i collaboratori, nel virtuoso ed arricchente scambio tra conoscenze, problemi e proposte e la più ampia cultura umanistica che rilegge funditus le ragioni del passato, gli errori e gli insegnamenti nella storia del nostro Occidente.

Una postilla. La scelta di allargare, sin da oggi, il nostro interesse ai problemi ed alla cultura, anche quella amministrativa, si concretizza con l’ingresso nel Comitato Scientifico di un alto esponente della Direzione Generale dell’Inps. Non è un ingresso formale, ma culturale, quello che verrà espresso dalla collaborazione della Dott.ssa Maria Sciarrino, alla quale, augurando buon lavoro, chiediamo, timidamente ma molto caldamente, una concreta collaborazione editoriale.

De hoc satis: ed era ora, state per dire voi cari lettori.

Ma, per noi e per tutti i nostri collaboratori, è solo una doverosa ripresa per un: avanti, ad maiora!

 Gaetano Veneto


[1] Queste considerazioni venivano anticipate nell’Editoriale del novembre 2020 (Anno XIV n.2) di questa Rivista.